Della fine degli dei spunta ormai il crepuscolo

All’Auditorium Parco della Musica serata dedicata a Richard Wagner, per attraversare le sue abissali creazioni

Il Wagner Gala è un’iniziativa dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e dell’Auditorium Parco della Musica, andata in scena nelle giornate di sabato, lunedì e martedì scorsi. Si tratta di un’antologia di brani wagneriani, una selezione di alcune delle arie più importanti della sua colossale produzione, ma anche lieder e composizioni appartenenti alla sua esperienza di musicista da camera e pianista. La tradizione di concerti di questo tipo, ovvero dove piuttosto che interpretare l’intera opera si preferisce eseguire alcune delle arie più celebri e indicative, risale a Wagner stesso, che diverse volte dirigeva parti separate dei suoi drammi in concerti pubblici o privati. Può con ragione sembrare strano un tale approccio, da parte dell’artista che teorizzò “l’opera d’arte totale”, la Gesamtkunstwerk, autore di alcuni dei drammi lirici più lunghi di sempre, saghe infinite che richiesero persino la costruzione di uno spazio teatrale apposito alla loro messa in scena, ovvero il Bayreuth; Wagner sacrificò anima e spirito alla sua arte, e la sua musica assumeva tratti persino mistici, che trovavano nella filosofia di Schopenauer la più piena fonte di ispirazione di ordine teoretico e concettuale. Eppure, forse è proprio questa monumentalità della sua opera, la durata mastodontica del suo Anello del Nibelungo, la tetralogia dedicata al ciclo mitologico degli dei del Walhalla, a obbligare gli esecutori e i direttori a formule più sintetiche, per non precludere il piacere dell’ascolto di questi capolavori al pubblico più ampio (non potendo tutti permettersi di andare al Bayreuth, e non riuscendo a reggere ore e ore di drammi musicali germanici).
Lo spettacolo proposto dal Santa Cecilia, per queste ragioni e per molte altre, è stato di indubbio valore, perché ha rappresentato un’ottima occasione per tornare a uno dei geni massimi della storia della musica, troppo spesso ottenebrato per le sue perverse tendenze antisemite e per essere stato fonte di ispirazione per il nazionalismo tedesco. Donald Runnicles, direttore della Deutsche Oper di Berlino e della Scottish Symphony Orchestra, presiede la serata, apre al pianoforte nei Wesendock-Lieder, cinque poesie di Mathilde Wesendock per voce e piano, interpretati dal soprano Catherine Foster, più che degna sostituta della cantante in programma Patarina Dalayman, ammalatasi all’ultimo momento. In scaletta, poi, l’Idillio di Sigfrido, opera sinfonica che esprime una gran quantità di elementi tipici dell’arte wagneriana, come il cromatismo (che troverà nel Tristano e Isotta la piena affermazione espressiva). Ma i momenti migliori della serata arrivano con la seconda parte: vengono interpretate alcune delle pagine più belle del Ring. Il memorabile Mormorio della foresta del Siegfried, dove la musica orchestrale esprime l’atmosfera misterica della natura, per arrivare poi al Viaggio di Siegfried sul Reno e alla Morte di Siegfried e Marcia funebre, dove il titanismo epico e proverbiale di Wagner (a dire il vero, un pochino trattenuto dalla compostezza dell’interpretazione fino a quel momento) rompe i margini e invade la sala, con una potenza fragorosa e inarrestabile. Si tratta dell’espressione del trionfo della morte come trionfo della volontà eroica, che conduce al finale, pagina indelebile della storia della cultura di ogni epoca e luogo. Nell’Olocausto di Brünnhilde e nel Finale della tetralogia, infatti, la teoria compositiva della “melodia infinita” e del già citato cromatismo raggiunge il suo acme assoluto, trascinando lo spirito e il pensiero di chiunque a un’unità superiore e trascendentale. Ancora Schopenauer, ma anche Nietzsche, quello stesso Nietzsche che lo aveva inizialmente adorato e poi rinnegato perché terribilmente “liturgico” e cristianeggiante, avendo inneggiato così spudoratamente alla redenzione specie nel Parsifal. Ma è già qui, nel finale del Ring, che la redenzione dell’eroe attraverso il sacrificio e l’unione con l’amato nella morte trova il pieno compimento, con la caduta degli Dei e la distruzione del Walhalla. L’accordo di Re bemolle maggiore chiude l’opera più lunga della storia della musica, una singola nota insistita che è la stessa che fa da perno all’intera opera, e che apriva la saga con le ondine del Reno che giocano con l’anello. Come un anello, appunto, il Ring è circolare, si chiude come si apre, con le divinità delle acque che tornano a giocare dopo il crollo delle divinità e la loro sparizione, come se nulla fossa successo, come se tutta la solenne e gigante struttura dell’opera completa non fosse che uno sviluppo, un allargamento all’inverosimile di quella singola nota unidimensionale.

Lo spettacolo è andato in scena:
Auditorium Parco della Musica
viale Pietro De Coubertin – Roma
fino a martedì 22 maggio, ore 19.30

Accademia Nazionale di Santa Cecilia presenta
Wagner Gala
Idillio di Siegfried, Wesendonck-Lieder, Siegfried, Il crepuscolo degli dèi
di Richard Wagner
direttore Donald Runnicles
soprano Catherine Foster