Zio Vanja, scene di vita di campagna

Con una personale ma non illegittima lettura del testo cechoviano una giovane compagine evidenzia l’inquietante attualità del contrasto fra le generazioni.

Nell’ambito di Teatro a Corte, l’iniziativa della Fondazione Teatro Piemonte Europa diretta da Beppe Navello, che ormai da dodici anni sta facendo riscoprire agli stessi torinesi anche le dimore più riposte dei Savoia, lo spazio “Sala prove” si è quest’anno inaugurato con una rilettura, forse discutibile ma intrigante, dello Zio Vanja di Anton Cechov. Il regista Emiliano Bronzino (classe 1974) compie una coraggiosa operazione drammaturgica su un autore che si direbbe di difficile manipolazione, prosciugando il testo e riducendo a cinque il numero dei personaggi. Fra le possibili letture, Bronzino ne sceglie ed esalta una, che presenta una inquietante attualità: il risentimento che la generazione dei giovani prova verso gli anziani, percepiti come responsabili della loro frustrazione e impotentia agendi. Di questo risentimento, che esplode con rabbia feroce, è oggetto il tronfio, supponente professor Serebrakòv, cialtrone, egoista, attaccato alle proprie rendite di posizione, ottenute immeritatamente.
Emergendo a tutto tondo dall’avvolgente bassorilievo di quell’affabulazione tipicamente cechoviana – affidata, nel testo originale, a personaggi che, in questa drammaturgia, sono stati eliminati – gli attori ricreano figure dai chiaroscuri violenti, dai tratti quasi espressionisti, con una recitazione generalmente sopra le righe.
Se lo zio Vanja di Lorenzo Glejeses, pur nei suoi strabuzzanti, apoplettici eccessi, porta al calor bianco un registro buffonesco che è già presente nel testo cechoviano, e risulta teatralmente credibile, l’Astrov di Ivan Alovisio non sempre riesce a sortire un personaggio altrettanto convincente. Più sobrio e composto il tratteggio della dolce, appassionata Sonja di Maria Alberta Navello, i cui accenti di verità riassorbono e riequilibrano teatralmente le intemperanze dei due uomini. Meno condivisibili certe invenzioni che la regia addossa alla bella, neghittosa Eléna di Fiorenza Pieri: scatti di sensualità e giochini di seduzione (un abbraccio che è quasi una presa di lotta libera, la manfrina di una foto-ritratto) che nulla aggiungono ad un personaggio ondivago, non facile da interpretare, ma la cui efficacia risiede nell’ambiguità dei sentimenti, anche intensi, che nella scrittura di Cechov rimangono imprigionati, sotto traccia.
Detto questo, dello spettacolo si apprezza una scenografia accurata, pur nella sua semplicità, felicemente al servizio della regia; ove il realismo si sposa ad elementi simbolici, discreti ma carichi di valenze suggestive. Una sorta di pergolato di rami secchi, avvolgente come un bozzolo, fodera l’intero spazio, anche nella parte destinata al pubblico, che si trova a ridosso dell’azione scenica; i mobili ottocenteschi sono ridipinti nello stesso acido grigio-verde che ha irrorato i rami secchi del pergolato; oltre al samovar e alle tazze da tè di vetro decorato da motivi liberty, tipicamente russi, ritroviamo quell’incongrua carta dell’Africa, cui si riferisce la battuta che tanto aveva affascinato Maksim Gorkij: “Qui, in Africa, ora ci dev’essere un caldo da morire”.
Bella anche l’idea di mostrare solo le ombre dei personaggi, nel secondo atto, del penoso dialogo fra Elèna e l’anziano marito.
Un lavoro che mostra una progettazione seria e un impegno generoso da parte di tutti, le cui asprezze e acerbità potranno risolversi nelle repliche previste in autunno.
Infine una domanda, non so se più ingenua o maliziosa, che si pone il recensore: quanto, in questo feroce apologo sul rapporto fra giovani e anziani, avranno messo del loro i due figli d’arte presenti in locandina?

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crediti fotografici Lorenzo Passoni

Lo spettacolo è andato in scena:
Festival Teatro a Corte
Centro Internazionale del Cavallo – Druento
giovedì 12 luglio, ore 20.30
venerdì 13 luglio, ore 19.00
 
Zio Vanja
(Creazione per il Festival)
Scene dalla Vita di Campagna in Quattro Atti

traduzione Gerardo Guerrieri
adattamento e regia Emiliano Bronzino
con Graziano Piazza: ALEKSANDRE VLADIMIROVIC SEREBRIJAKOV, PROFESSORE A RIPOSO
Fiorenza Pieri: ELENA ANDREEVNA, SUA MOGLIE
Maria Alberta Navello: SOF’JA ALEKSANDROVNA (SONJA), FIGLIA DI PRIMO LETTO DEL PROFESSORE
Lorenzo Gleijesis: IVAN PETROVIC VOJNICKIJ (ZIO VANJA)
Ivan Alovisio: MICHAIL L’VOVIC ASTROV, MEDICO
assistente alla regia Maria José Revert
scene Francesco Fassone
assistente scenografo Alice Delorenzi
costumi Chiara Donato
luci Antonio Merola
produzione Fondazione TPE – Teatro a Corte