L’opera totale in un recupero perfetto

teatro-la-comunita-romaDalla Danimarca alla Francia, Amleto/Amletó arriva a Roma al Teatro La Comunità nella stupefacente opera costruita ad hoc dalla sapiente mano di Giancarlo Sepe. Un piccolo meraviglioso gioiello di pura genialità.

Il Teatro La Comunità è uno spazio che – se non si è curiosi amanti di un teatro altro dai nomi altisonanti – rimane ai più sconosciuto. Eppure è quella che possiamo definire la casa di Giancarlo Sepe, che lo ha fondato e dal 1972 svolge la propria attività laboratoriale e di ricerca teatrale, ospitando anche svariate collaborazioni nazionali e internazionali.

È un teatro la cui particolarità si offre allo spettatore nell’immediato con il passaggio dal piccolo foyer alla sala vera e propria che avviene tramite un corridoio, che poi altro non è se non il dietro le quinte cosparso di oggetti di scena.

La magia si crea da lì e si estende alla scena con un piccolo palco in cui sul pavimento, disegnato come una scacchiera, sono poggiati cartellini con i relativi nomi dei personaggi, e un praticabile in ferro che fa da cornice al proscenio. In Amletó – ovvero gravi incomprensioni all’Hotel du Nord i primi rimandi sono a un Alice nel paese delle meraviglie vagamente dark.

In realtà si scoprirà che nella creatura di Sepe i rimandi sono infiniti. Il regista è stato capace di costruire uno spettacolo assolutamente innovativo per gli standard cui siamo abituati, semplicemente miscelando e combinando in maniera armonicamente perfetta elementi ed espedienti teatrali e cinematografici risalenti agli anni Venti e Trenta del – è proprio il caso di dirlo – secolo scorso: mimo, tableau vivant, richiamo al cinema espressionista (basti citare un esempio per tutti Il gabinetto del Dottor Caligari) e a quello francese di Marcel Carné e di Jean Cocteau (peraltro esplicitamente omaggiati qui dallo stesso Sepe). Ma anche un uso cinematografico di spazi, luci, musica e scenografia con la costruzione di una macchina davanti agli occhi meravigliati dello spettatore e la scena dell’inseguimento tra la famiglia fuggitiva di Amletó e un ufficiale nazista (una delle trovate più geniali e d’effetto di tutta questa incredibile e onirica architettura). Sono questi elementi che oggi non siamo quasi più abituati a vedere nel teatro e che, proprio per questo, si elevano nuovamente a una funzione innovatrice che, tra l’altro, non esula dal creare un certo coinvolgimento emotivo dello spettatore.

Abituatevi dunque all’idea di non assistere ad una classica messa in scena del testo shakespeariano. Dalla Danimarca la vicenda viene traslata nella Francia della Seconda Guerra mondiale. Siamo infatti nel 1939 e i personaggi – col volto dipinto di bianco sia come richiamo al mimo, sia a mo’ di maschera vera e propria – hanno tutti un alibi che li scagiona e li giustifica per le infime azioni che compiranno. Un prologo, interpretato magistralmente dai giovani attori provenienti proprio dal laboratorio teatrale di Sepe, spiega allo spettatore le motivazioni che hanno portato in particolare Claudio e Gertrude a diventare amanti e l’uno l’artefice e l’altra la complice dell’omicidio del re. Anche Amletó e Ofelia assurgono a una veste nuova: il fatidico «essere o non essere» viene pronunciato ironicamente e con una certa leggerezza da un Amleto dalle fattezze adolescenziali. Non un uomo, ma un figlio morbosamente e gelosamente attaccato alla madre e quasi completamente perso e spaesato dopo la morte del padre, mentre Ofelia, dalle sembianze di una bambolina rotta, accompagna e intrattiene gli avventori dell’Hotel du Nord, fino a quando non conosce Amleto del quale, come sappiamo, si innamorerà perdutamente e pazzamente. Eppure qui la sua follia è mitigata, quasi fosse uno dei personaggi più normali di tutta la vicenda. Non sarà di certo casuale la scelta, nel finale dell’opera, di mettere vicini e in una posizione sopraelevata il Re e Ofelia da morti che richiamano Amletó per l’ultimo saluto: i due che hanno trovato prematuramente la morte sono anche coloro che più degli altri hanno conservato una onestà e purezza d’animo.

Di questo spettacolo si potrebbero scrivere infinite pagine ma si svelerebbero troppe sorprese che priverebbero lo spettatore di quel senso di meraviglia ed entusiasmo che è poi il sale del teatro stesso.

Assolutamente da non perdere.

compagniaamleto

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Lo spettacolo è andato in scena
Teatro La Comunità
Via Giggi Zanazzo, 1 – Roa
fino a domenica 2 marzo
orari: da martedì a sabato ore 21.00, domenica ore 18.00

Teatro La Comunità e Compagnia Teatro Il Quadro presentano
Amletó – ovvero gravi incomprensioni all’Hotel du Nord
di Giancarlo Sepe
regia Giancarlo Sepe
con Daniele Biagini, Manuel D’Amario, Elena Fazio, Teresa Federico, Yaser Mohamed, Mauro Racanati, Federica Stefanelli, Guido Targetti
scene e costumi Carlo De Marino, Matteo Zenardi
musica a cura di Davide Mastrogiovanni, Harmonia Team
luci Guido Pizzuti
foto Pino Tufillaro