La Cattiva Sensibilità di questo tempo efficiente

Recensione Cattiva sensibilità. Allo spazio teatrale Carrozzerie NOT, Martina Badiluzzi – attraverso Jane Eyre – ci aiuta a decifrare il nostro tempo, visto attraverso la struttura della lingua.

Jane Eyre precipita sulla scena di un’aula di scuola superiore e, come nel romanzo di Charlotte Brontë, diviene per noi un’insegnante. Girando intorno a una cattedra sopra alla quale penzola un neon, ha davanti a sé non un pubblico pagante, ma la classe dei suoi studenti. Parla di grammatica, di costruzione della frase, di figure retoriche, facendo allo stesso tempo critica dell’oggi, dei proclami sociali per la gioventù, delle tracce ministeriali per gli esami di maturità, del nostro linguaggio impoverito, a cui si chiede solo pratica efficienza.

La parola pensa. Il modo di costruire una frase rivela molto del parlante, quasi sempre a sua insaputa, e a insaputa del tempo sul quale fiduciosamente si appoggia. Per esempio, se in una proposizione il soggetto è l’elemento fisso, altrettanto non si può dire del “soggetto” della modernità. L’esperienza è quella di inciampare, di scivolare e cadere, di farci male e non trovare comprensione, ma di essere vieppiù puniti, come bambini ritenuti colpevolmente distratti.

Se il soggetto della frase appare come il significante “padrone”, scopriamo nella realtà la sensazione opposta, di non essere cioè padroni di alcunché, tantomeno di noi stessi. Il linguaggio a scuola incute timore dalla posizione anonima dei verbi impersonali (la costruzione sintattica preferita dal “potere”), per esempio “si studia, si deve essere buoni, si dice sempre la verità”. Si scopre ben presto che la verità non si può dire: non ci sono abbastanza parole. Il soggetto, che si vorrebbe stabile, è costretto a muoversi tra oksýs (acuto) e mōrós (ottuso), cioè tra opposti, rimanendo retoricamente imprigionato in un “ossimoro” incarnato. L’armonia promessa è rivoltarsi in un’insuperabile concordia discors (concordia discordante). Per questo la bugia – ci dice l’istitutrice di Thornfield Hall – è spesso la condizione dell’infanzia, e – aggiungo io – dell’artista.

Un classico ci insegna che la verità può essere possibile accostarla attraverso un personaggio di fantasia, a patto di rassegnarsi alla non esistenza di verità alcuna. Lo spazio teatrale di Carrozzerie NOT, così simile a un’officina metallurgica, rende bene il percorso decostruttivo di questo modo di fare teatro, quello cioè di smontare le verità ufficiali come scocche preassemblate, per costruirne di più autentiche, a patto di smontare anch’esse. Verità ufficiali? Per esempio la scuola di Stato, la sua visione aziendalistica, piegata a far uscire pezzi tutti uguali, calcolabili, col Ministero a garanzia del “merito”, nei fatti lasciato solo a chi può permetterselo. E la sensualità della lingua? Potrebbe questa sabotare la relazione mezzo-fine? Per le sorelle Brontë sarebbe un linguaggio in cui il soggetto si fonde col suo oggetto e tuttavia lo contempla, abdicando a qualunque volontà di potenza.

La messa in scena è lasciata alla voce sonora di Barbara Chichiarelli, emergente come se la memoria della protagonista risalisse dalla metà ottocento fino alla nostra efficiente contemporaneità, tra lo ieri del trauma (solitudine, mancato riconoscimento, coscienza ferita) e la promessa oggi di allontanarlo con un progetto verificabile, razionale e anonimo come un compito da imparare a memoria. Vita e scrittura sono azioni gemelle: la seconda ripara la prima quando quella ragazza ostinata cade senza fiducia di essere rialzata, se non dalle proprie sole forze etiche, e soprattutto narrative.

Le avversative – ci dice Jane Eyre – possono essere attrezzi molto utili. Sono le giunture del discorso (ma, però, nondimeno, tuttavia), quelle congiunzioni coordinanti che – s-forzando le associazioni – uniscono o introducono proposizioni, al pari di saldatori elettrici, bulloni o guarnizioni. Charlotte Brontë ci rammenta che la soggettività è una costruzione che abbisogna di manutenzione continua del nostro povero linguaggio, perché il passato sia una risorsa e “l’avvenire tutt’altro da un castigo”. Il compito in classe non finisce allo schioccare della campanella, ma continua nello spazio che chiamiamo libertà.

Lo spettacolo è andato in scena
CARROZZERIE | N.O.T
Via P. Castaldi 28/a, Roma
dal 24 al 26 novembre 2023, ore 21.00

Cattiva sensibilità
regia e drammaturgia Martina Badiluzzi
con Barbara Chichiarelli
musiche eseguite dal vivo Samuele Cestola
disegno luci Fabrizio Cicero
dramaturg Giorgia Buttarazzi
produttore e organizzatore generale Pietro Monteverdi
una produzione Oscenica
in coproduzione con Pergine Festival
immagini di Giulia Lenzi