Archeologia a-dialettica

I Frosini-Timpano continuano il proprio percorso di drammaturgia storiografica e di attraversamento della storia italiana ed europea con un testo che è un montaggio filologico delle opere dei futuristi, Disprezzo della donna. Il futurismo della specie.

«Abbasso il femminismo! Abbasso l’uguaglianza! Abbasso la giustizia! Abbasso la fraternità! Viva l’eleganza! Viva l’originalità! Viva l’esagerazione! Abbasso la democrazia! Abbasso il suffragio universale! Abbasso la quantità! Viva la sproporzione! Viva la qualità! Viva la poesia! Abbasso la politica! Abbasso il parlamento! Abbasso il comunismo! Abbasso il buio! Abbasso il basso!». È decisamente poco comune trovare all’interno di uno spettacolo, tanto più nel teatro contemporaneo, una tale sequela di ingiunzioni e di acclamazioni. Non sorprende scoprire che lo spettacolo in questione si rifà a testi vecchi di un secolo, cercando di restituire al pubblico il canone futurista, in una sintesi che spesso è ironica, ma mai propriamente critica.

Disprezzo della donna. Il futurismo della specie è lo spettacolo con cui Elvira Frosini e Daniele Timpano riprendono il loro attraversamento dei retroscena e delle zone d’ombra della storia italiana ed europea. Risorgimento Pop era andato ad affrontare le lotte per l’Unità d’Italia a partire dal feticcio di Mazzini; Aldo Morto aveva decostruito l’abituale narrazione di Aldo Moro come martire della patria; Acqua di Colonia, forse il loro lavoro più riuscito, andava brillantemente a indagare nei meandri del colonialismo e del post-colonialismo italiano; Gli sposi, di regia loro ma basato su un testo di David Lescot, espatriava per andare a raccontare e sbeffeggiare i coniugi Ceaușescu, dittatori della Romania comunista; Ottantanove, presentato l’anno scorso dopo una menzione speciale al premio Riccione e recentemente vittorioso agli Ubu, aveva rappresentato una sintesi di tutti questi precedenti lavori sulla storia, un’ambiziosa cavalcata dal 1789 della Rivoluzione francese fino al 1989 della caduta del Muro di Berlino, e oltre.

Nel percorso sempre interessante dei Frosini-Timpano, Disprezzo della donna è un suggestivo lavoro di passaggio, in cui l’attenzione filologica che ha sempre caratterizzato i lavori del duo viene portata all’estremo e infatti si basa integralmente e unicamente su «testi e manifesti futuristi». A parte Filippo Tommaso Marinetti, Depero e Giovanni Papini, lo spettacolo dei Frosini-Timpano rispolvera nomi che certo non fanno propriamente parte di quel gruppo di autori della letteratura italiana di inizio Novecento che tuttora vengono letti e studiati. Le parole “sbiadite” di autori come Volt, Emilio Settimelli o Libero Altomare risuonano a più riprese nello spettacolo, affiancate da testi e brani di un gruppo ancora meno “noto”, quello delle futuriste donne, che annoverava tra le sue schiere, fra le altre, Enrica Piubellini, Maria D’Arezzo, Rosa Rosà, Adele Clelia Gloria, Irma Valeria, e Benedetta Cappa Marinetti.
L’atteggiamento per molti versi schizofrenico dei futuristi nei confronti del femminile è il fulcro dello spettacolo dei Frosini-Timpano. «La donna deve sparire». «È inutile, amici futuristi, predicare il disprezzo della donna se poi continuiamo a viverci insieme». «È possibile procreare dalla propria carne senza il concorso e la puzzolente complicità della donna», si arriva a fantasticare. La famiglia è definita, in un hapax, «soffocatoio delle energie vitali», «assurda, nociva e preistorica»: al suo posto si cantano le lodi dell’individuo. Se queste parole venivano ovviamente da autori futuristi maschi, Disprezzo della donna non manca di scegliere nella sua selezione testuale anche testi di futuriste-femministe che si rivolgono alle «donne del posdomani» o alle «care sorelle futuriste» per affermare con vigore che «le mura del gineceo sono saltate in aria». La celebre esclamazione di Marinetti «evviva la vulva abbeveratoio degli eroi!» in fondo sintetizza tutte le ambiguità e le contraddizioni dell’atteggiamento dei futuristi nei confronti del mondo femminile: interessante comunque la scelta dei Frosini-Timpano di mettere questa componente dell’immaginario dei futuristi al centro del loro spettacolo, una scelta al tempo stesso in sintonia e in antitesi con i nostri tempi.
«L’Italia è un abuso di potere». Nello spettacolo dei Frosini-Timpano non mancano nemmeno frasi tranchant e clamorose come questa. Se i futuristi volevano vivere il futuro nel presente dei primi anni del Novecento, se, con gli occhi di oggi, tutt’al più si possono arrivare a rimpiangere i ricordi di un futuro passato, Disprezzo della donna inquadra bene lo spirito di un tempo che precedette di poco l’avvento del fascismo. «Nel più piccolo nucleo italiano, nel più piccolo villaggio, vi sono anche – sempre – sette, otto uomini maturi che nella loro piccola vita di impiegato portano sul capo l’aureola malinconica del geniale fallito», è uno dei primi frammenti futuristi che si sentono nello spettacolo. «Sono rottami di genialità che non hanno avuta intorno un’atmosfera favorevole, subito stroncati dalle necessità economiche. Per gli innovatori, per i coraggiosi, neppure un centesimo. Anzi, abbiamo sempre concluso qualcosa pagando, pagando, pagando».

Al di là dei facili richiami all’oggi che si possono trovare in queste frasi, anche al mondo del teatro contemporaneo se vogliamo, resta un merito di Disprezzo della donna dei Frosini-Timpano quello di permettere di saggiare con mano quanto il futurismo sia stato vicino e al tempo stesso lontanissimo dal fascismo che con il 1922 salì al potere. In fondo è una scelta tattica e anti-tattica al tempo stesso, una presa di posizione quella di far debuttare lo spettacolo l’anno del centenario dalla Marcia su Roma, quando non poche compagnie hanno deciso di cimentarsi direttamente con Mussolini. Il futurismo non può non essere vicino al fascismo per il suo individualismo in fondo di facciata, per il clima di auto-esaltazione di cui si nutrì, per un certo culto dell’uomo forte, potente, superiore al popolo, che in un rovescio del messianesimo doveva foggiare il clima psicologico degli anni intorno (prima e dopo) la Grande Guerra. Ma se c’è una cosa in cui il futurismo e il fascismo rimasero agli antipodi fu sicuramente il rapporto alla tradizione: su questo Mussolini fu inizialmente bivalente, ma non tardò a comprendere il potere affabulatorio delle tradizioni e dei riti, fino al famoso Concordato del ‘29 grazie al quale arrivò a farsi “offrire” la benedizione di Santa Madre Chiesa. I futuristi invece restarono fortemente aggrappati a un’idea radicale di progresso, in un puro disprezzo per il passato che li portò a esclamazioni famose, rimaste fuori dallo spettacolo forse anche per evitare ridondanza, come la celebre folgorazione di Marinetti per il quale «un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Nike di Samotracia». Se i futuristi possono ancora dare un insegnamento all’Italia forse sta proprio qui, nel desiderio non retorico di riprenderci il futuro che da qualche tempo langue.

A Disprezzo della donna manca quella componente dialettica che aveva fatto la forza di altri spettacoli dei Frosini-Timpano come Acqua di colonia o lo stesso Ottantanove, in cui i reperti, di ogni genere – materiali d’archivio, stralci di discorsi politici, brani di libri, frasi rubate da Internet o da sondaggi generici, temi in classe – venivano commentati e problematizzati in un gioco tra le parti che si creava tra Daniele Timpano, Elvira Frosini e un occasionale terzo attore. Resta, nondimeno, un nuovo, significativo tassello nell’archeologia condotta dalla Compagnia tra i silenzi e i rimossi della storia italiana, in un percorso che via via si sta facendo sempre più enciclopedico e sempre più vicino a certi meccanismi smascheratori che Adorno e Horkheimer ampiamente dispiegavano in Dialettica dell’Illuminismo, non per nulla tra le fonti del precedente Ottantanove.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Biblioteca Quarticciolo

Via Castellaneta 10, Roma
dal 26 al 27 novembre 2022
sabato ore 21, domenica ore 17

Disprezzo della donna. Il futurismo della specie. Concerto-spettacolo
di e con Elvira Frosini e Daniele Timpano
testi da Filippo Tommaso Marinetti, Maria D’Arezzo, Enrica Piubellini, Volt, Depero, Emilio Settimelli, Giovanni Papini, Valentine De Saint-Point, Rosa Rosà, Adele Clelia Gloria, Irma Valeria, Libero Altomare e Benedetta Cappa Marinetti
light design Omar Scala
sound design Lorenzo Danesin
costumi Marta Montevecchi
produzione Salerno Letteratura Festival, Gli Scarti, Frosini / Timpano – Kataklisma teatro