Inconsistenza e incoerenza dell’avanguardismo istituzionalizzato

Recensione Enigma. Requiem per Pinocchio. Al Teatro India di Roma, Teatro Valdoca porta in scena Enigma. Requiem per Pinocchio, un allestimento che prova a giocare con furbizia con l’archetipo junghiano del puer.

La pulsione vitalistica, l’inappagabile libido, il desiderio della scoperta, la creatività e la fantasia, il brivido di errare senza bussola tra i sentieri spezzati dell’esperienza. I motivi per indagare con curiosità e interesse il mistero dell’adolescenza sono innumerevoli e non si riducono certo a quelli appena elencati. Dunque, non è un caso se tale “mito” continua a esercitare fascino tanto tra le giovani compagnie, quanto in quelle di lungo corso.

Anche le recenti ricerche in campo pedagogico (Barone, Benasayag) sottolineano quanto l’autentica dimensione spirituale dell’essere adolescente sia fondamentale per una più funzionale e realizzata età adulta. La possibilità di addentrarsi nei meandri della trasformazione – fisica e psichica – senza curarsi degli errori che inevitabilmente si commetterà è qualcosa non solo da permettere, ma addirittura da favorire affinché la maturità possa essere considerata tale, capace di non vivere con ansia la sconfitta, di “saper cadere” e poter risollevarsi chiedendo aiuto se necessario. Al contrario, mettere al “riparo” dai conflitti dell’animo e dalle “sbucciature” del corpo (nel senso di esercitare una genitorialità iperprotettiva) rappresenta tutto ciò che non andrebbe fatto per il bene della prole. Analogo discorso, ovviamente, va riservato alle cosiddette agenzie educative, in primis quella scuola dove l’aver confuso autorità e autorevolezza e l’aver sacrificato entrambe sull’altare di un’indiscriminata salvaguardia dei diritti degli adolescenti ha contribuito alla profonda delegittimazione di un ruolo fondamentale per la salute di una comunità e dei suoi abitanti.

Enigma. Requiem per Pinocchio è un lavoro che si interroga su questo “fenomeno”, ma la sua valutazione è controversa in quanto oscilla tra il riconoscimento di un lavoro potenzialmente suggestivo nell’impianto estetico e le perplessità che adombrano una visione debole dal punto di vista dell’efficacia e dell’intenzione valoriale. La compagnia di Cesare Ronconi e Mariangela Gualtieri fa della sperimentazione fisica e della ricerca sulla parola gli asset della propria pratica teatrale. La dimensione laboratoriale ed emozionale di Teatro Valdoca affonda le proprie radici sul terreno della ricerca grotowskiana e kantoriana e da esse lascia affiorare un impulso drammaturgico-performativo intriso di lirismo ed energia. Se i testi sono sganciati dalla tentazione teleologica della narrazione e la restituzione attoriale è ancorata a versi poetici mai scevri da spunti polemici, le installazioni sceniche si compongono sul tentativo di “straniare” la contemporaneità attraverso un formalismo affidato al valore espressivo della parola e a un rigoroso lavoro sui corpi.

Tutto ciò è indubbiamente presente in Enigma. Requiem per Pinocchio, produzione nata durante gli anni di pandemia e che può contare su un cast di interpreti di alto livello, sia per quanto riguarda il comparto performativo (Chiara Bersani è la Fatina, Matteo Ramponi Mangiafuoco e Silvia Calderoni Pinocchio), sia per quello sonoro (al canto le superbe Silvia Curreli ed Elena Griggio, alla strumentazione elettrica e acustica Attila Faravelli, Ilaria Lemmo ed Enrico Malatesta).

Ad accogliere il pubblico è una scena dominata dalla fatina coperta da un velo trasparente, da un irrequieto Mangiafuoco e da una vibrante tensione sonora. Al centro, disteso, si trova il corpo di legno del burattino. L’ingresso di Pinocchio in carne e ossa è quello di unə bambinə che appare nudə alla vita, danza freneticamente una coreografia irregolare con un corpo spezzato ma perfettamente controllato. A questo quadro – esteticamente elevato – si riducono però le suggestioni teatrali di Enigma. Requiem per Pinocchio, perché, da questo momento, la scena diventa un ammasso di segni che si stratificano in un soliloquio privo di significanza.

L’unica a proferire parola sarà la poesia di Gualtieri, seduta e visibile di spalle al pubblico: se a Pinocchio è riservato un unico frammento, sarà la fatina, con il “movimento” di una bocca “muta”, a essere la traduzione fisica di questa lettura. Mangiafuoco, invece, è senza soluzione di continuità il silenzioso supporto alla deambulazione della fatina, alter-ego di Pinocchio, sua controparte e suo complice. L’espediente di separare quanto detto (dal personaggio) da quanto fatto (dalle persone), quindi lo spersonalizzare la dialettica tra corpo e parola, è efficace fino a un certo punto nell’articolare la questione del sé e del fuori di sé, dunque dell’adolescente che transita da qualcosa che non è più a qualcosa che non è ancora. Lo stesso utilizzo del corpo androgino di Calderoni e di quello anticonvenzionale di Bersani appare una comoda via d’uscita dal non aver saputo affrontare con una pluralità di scritture teatrali le strutture immateriali e dissonanti dell’oggetto di ricerca (l’adolescenza).

Enucleato attraverso il confronto con la saggia fatina (colei che nell’originario di Collodi ha una funzione educativa), il modello di adolescenza che Pinocchio presenta non ha infatti nulla di corrispettivo in ciò che si vede rappresentato. Teatro Valdoca anela a un essere umano prima della scoperta della nudità, prima della fondazione del linguaggio, prima della contrapposizione tra natura e cultura: se la dimensione fisica dell’allestimento prova a sovrastare quella verbale, che pure procede inarrestabile e non sempre a un livello consono alle aspettative, è perché l’adolescenza dovrebbe essere il “luogo” in cui l’essere umano è pienamente libero dalle convenzioni e si scopre non sottomesso alle sovrastrutture disciplinari della società. Come è del tutto evidente, la prospettiva tradisce una clamorosa ingenuità nel momento in cui pensa che l’adolescenza sia identificabile a un ideale assoluto di ribellione quando, invece, essa è un costrutto culturale che, a seconda delle concrete condizioni storiche, si materializza in differenti comportamenti. Nello specifico, la visione della “età puerile” promossa da Enigma. Requiem per Pinocchio non solo non problematizza quanto la nostra epoca ha vissuto e sta vivendo sotto forma di rivendicazioni libertarie o consumistiche, ma non intuisce nemmeno lontanamente il fatto che le richieste giovanili abbiano bisogno non di essere acriticamente esaltate dal permissivismo delle istituzioni familiari e scolastiche, ma di un rapporto critico e “negativamente dialogico”.

Il collegamento con la platea, non potendo avvenire sul piano verbale (sacrificato rispetto a quello visivo e non sempre di capace di materializzare in fondo agli occhi immagini poetiche adeguatamente evocative), non viene sostenuto da alcuna sinergia tra le partiture sonore, coreografiche e performative. La seduzione di una scena colma di segni – ognuno di essi di ottima fattura, ma isolato l’uno dall’altro – è un meccanismo erede delle avanguardie che ormai non ha più nulla di innovativo e che rischia di apparire accomodante e rassicurante dal momento che dà forma a un teatro contemporaneo il quale, anziché rielaborare canali inediti di comunicazione, o decostruire quelli vecchi, si limita al loro riciclo. Si tratta, in fin dei conti, della antica e anacronistica contestazione della Res Cogitans, di un atteggiamento che pensa sia necessario scartare la possibilità dell’incontro critico-razionale, chiudersi in maniera autoreferenziale nella propria estetica e affidarsi a una intenzionalità che evita da principio le condizioni affinché gli si possa contestare l’incapacità di “raccontare qualcosa”. Ovviamente, non si sta affermando che il racconto sia l’unica possibilità del teatro, tutt’altro. Il problema sta invece nel pensare che l’unico m(et)odo di far teatro sia quello che si edifica accademicamente (attraverso un metodo ormai pienamente codificato) in spettacoli privi di una qualsiasi struttura concettuale comprensibile e che, mettendosi al riparo da qualsiasi tipo di confronto o fallimento, si immagina “autosufficiente” perché capace di contenere tutte le possibilità dell’arte.

Ci si chiedeva «come si diventa umani? Come si resta fedeli all’infanzia?», ma se tutto è vago e oscuro, se la complessità si nasconde dal disvelare un “senso qualsiasi”, se i “migliori” versi di Mariangela Gualtieri sono quelli didascalici e se l’unica virtù dell’allestimento risiede nei “corpi propri” di Calderoni e Bersani, allora il senso sociale e politico di Enigma. Requiem per Pinocchio svanisce, mentre quello antropologico frana sotto la lacerante contraddizione di una compagnia che, per povertà di immaginazione, nel parlare dell’adolescenza, continua a reiterare la propria “novità” dimenticando tuttavia di essere ormai diventata adulta.

D’altro canto, l’adolescenza non è materia semplice da trattare e “irrigidirla” significa smarrirsi nell’inconsistenza di chi anela a una eterna, impossibile e ridicola giovinezza. Donne e uomini che si rifiutano di crescere, irrequietə immaturə o caoticə estetə sono entità che reprimono la propria vitalità interiore e che si autoappagano in una reificata omologazione ai bisogni indotti dall’immaginario – mainstream – plasmato tanto dall’ideologia dominante, quanto da quella “istituzionalmente alternativa”.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro India
Lungotevere Vittorio Gassman 1, Roma

Enigma. Requiem per Pinocchio
regia, allestimento e luci Cesare Ronconi
testo originale Mariangela Gualtieri
con Chiara Bersani, Silvia Calderoni, Mariangela Gualtieri, Matteo Ramponi
e con, al canto Silvia Curreli, Elena Griggio
musiche dal vivo di e con Attila Faravelli, Ilaria Lemmo, Enrico Malatesta
collaborazione luci Stefano Cortesi
suono Andrea Zanella, Michele Bertoni
costumi Cristiana Curreli/ReeDo Lab
scultura in legno Maurizio Bertoni
oggetti di scena Mariacristina Navacchia
dipinti di scena Luciana Ronconi
cura e ufficio stampa Lorella Barlaam
consulenza amministrativa Cronopios
produzione Teatro Valdoca, ERT / Teatro Nazionale
in collaborazione con L’arboreto – Teatro Dimora, La Corte Ospitale ::: Centro di Residenza Emilia-Romagna, AMAT e Comune di Ascoli Piceno nell’ambito di “MarcheinVita. Lo spettacolo dal vivo per la rinascita dal sisma” progetto di Mibact e Regione Marche coordinato da Consorzio Marche Spettacolo
con il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Comune di Cesena
durata 80 minuti (senza intervallo)