Dante secondo Mario Luzi (e Federico Tiezzi)

A distanza di trent’anni dalla prima messa in scena de Il Purgatorio. La notte lava la mente di Mario Luzi, Federico Tiezzi riporta sulle scene di molti teatri italiani uno spettacolo completamente rinnovato che parla di arte, amore e speranza.

Arrivare con anticipo a teatro, permette di apprezzare “l’involucro”, la scatola magica della rappresentazione a cui stiamo per assistere. Regola confermata, in questo caso, anche per il Teatro Verdi di Pisa, uno tra i più bei teatri italiani di tradizione, nonché uno dei più riusciti esempi di architettura teatrale ottocentesca.

Il sipario è già aperto sulla scena, ma quella può aspettare; conviene prima riempirsi gli occhi di tutto ciò che ci circonda, osservando i palchi sontuosamente guarniti di stucchi bianchi e dorati, esaminando i portalampada in ottone, analizzando ogni particolare della volta riccamente affrescata e il suo bel rosone centrale.

Gli spettatori entrano in platea e prendono posto sedendosi su scricchiolanti poltroncine in legno rivestite di velluto ocra, sicuramente le originali; parlano tra loro dietro le mascherine, molti leggono il foglio di sala in cerca di informazioni sullo spettacolo o sulla compagnia, ma ecco che poi si spengono le luci e il canto U Lamentu Di Ghjesu (A Filetta) li cattura e li consegna alla prima scena di questo Purgatorio.

Un Purgatorio che Federico Tiezzi ripensa e rimette in scena, in modo totalmente nuovo, trent’anni dopo la sua prima teatralizzazione. Un lavoro iniziato sul finire degli anni ’90, quando decide di affidare la rielaborazione drammaturgica delle cantiche della Divina Commedia a tre grandi poeti: Edoardo Sanguineti che ripensa un “suo” Inferno, Mario Luzi per il Purgatorio e Giovanni Giudici per il Paradiso.

In occasione delle celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, Tiezzi decide di riprendere uno dei tre lavori stabilendo di ripartire, dopo due anni di pandemia, non dall’Inferno, ma dal Purgatorio, proprio perché in assoluto è la cantica della speranza, oltre che dell’amicizia e dell’arte. Com’è infatti noto, Dante nel Purgatorio – il più umano dei regni – incontra molti dei suoi amici che sono soprattutto artisti, musicisti, pittori e poeti, assegnando all’arte un ruolo centrale all’interno di tutta la cantica.

L’allestimento scenico dello spettacolo ricorda l’infermeria di un ospedale (o meglio di un sanatorio, dato che Tiezzi si è anche ispirato alla Montagna Incantata di Thomas Mann): una pedana leggermente rialzata, luci al neon, quattro tavoli, alcune panche, qualche sgabello. Predomina il bianco. Entra in scena Dante (interpretato da Sandro Lombardi) preceduto da Virgilio (Giovanni Franzoni) e con loro c’è anche Poema (Francesca Cicchetti), personaggio inventato da Luzi per rappresentare l’alter ego del Sommo Poeta ed incarnarne la voce narrante. Tiezzi lo fa interpretare ad un’attrice per simboleggiare la componente femminile di ogni voce poetica.

Poco dopo fanno lentamente ingresso alcune anime spaesate che, come è descritto nel I° canto, approdano a quello che Dante stesso definisce “Antipurgatorio”. Sono uomini e donne della nostra epoca, che Federico Tiezzi rappresenta paragonandoli ai profughi che arrivano da noi, avvolti nelle coperte termiche dorate, quasi per rimarcare l’immagine di disperazione di chi è costretto a lasciare tutto dietro le spalle. C’è chi trascina una grossa valigia, chi possiede solo un trolley, chi ha riposto più cose possibili in uno zaino; uno di loro ha soltanto un violoncello, una donna stringe la foto in bianco e nero del matrimonio, una ragazza non ha voluto separarsi dai propri pattini: sono povere cose, tracce della vita terrena.

L’Angelo nocchiero, assistito da un’infermiera che ricorda una crocerossina degli anni 40, accoglie gli esuli e li invita a sedersi per riposare, ma soprattutto per aspettare che trascorra il tempo necessario (ricordiamo che mentre nell’Inferno e nel Paradiso non esiste il fattore tempo, in questa cantica Dante inserisce il trascorrere delle giornate descrivendo il sole che sorge e tramonta, o la notte che scende cupa) prima di poter varcare la porta che li farà accedere al Purgatorio ed iniziare la salita verso la sommità della Montagna Sacra.

I personaggi che si sono aggiunti alla scena iniziale sono otto e, uno dopo l’altro, prendono la parola rivolgendosi a Dante. È un momento di grande intensità, poiché il motivo della loro presenza in questo luogo è pur sempre legato a un tragico evento. Gli attori, tutti eccezionalmente bravi, recitano in volgare fiorentino – la lingua parlata nel Medioevo sia dal popolo che dagli aristocratici – la stessa del poema dantesco e, di conseguenza, adottata da Mario Luzi per la sua drammaturgia. Il primo a riconoscere Dante è il suo amico cantore Casella, poi è la volta del poeta Sordello, quindi si raccontano Manfredi, Belacqua, Buonconte da Montefeltro, Pia de’ Tolomei, Nino Visconti e infine Jacopo del Cassero.

Lo scenario muta e improvvisamente si fa buio. Una musica struggente (On the nature of daylight – Max Richter) inonda il teatro; le anime, che adesso sono silhouette scure in contrasto su uno sfondo bianco abbagliante, escono di scena abbandonando le proprie cose. La pedana iniziale si divide in tre parti le quali, inclinandosi piano piano, fanno scivolare rovinosamente tavoli, panche e tutto quanto, come durante un terremoto, un bombardamento. Commovente la fotografia del risultato finale di tale disastro che, automaticamente, evoca i drammatici fatti di guerra cui stiamo assistendo in questi giorni.

Suggestivi effetti di luce ci fanno capire che siamo adesso all’interno del Purgatorio. Dante, Virgilio e, ancora per poco, Poema, proseguono il viaggio incontrando nuove anime (ancora artisti, poeti e personaggi storici) intente nel proprio percorso di redenzione, in una dimensione di purificazione, affrontando, con spirito di rinnovamento e di speranza, i supplizi imposti.

Il palcoscenico ora si tinge di rosso, fiamme guizzanti arrivano quasi a lambire i protagonisti giunti al termine dell’avventuroso cammino. Su uno sfondo scarlatto avviene la scena lacerante del distacco tra Dante e Virgilio che, dopo un doloroso abbraccio, si separano per sempre. Poi il Poeta varca le porte del Paradiso terrestre.

Siamo arrivati alla rappresentazione degli ultimi canti purgatoriali e Federico Tiezzi immagina l’incontro tra Dante e Beatrice (Leda Greider) in modo personalissimo e surreale: sulle note di Suite pour Accordéon (di Frank Angelis) entrano in scena due figure coperte da un mantello rosso e un’altra inondata da candida luce. Sono Matelda e un angelo, che scortano l’antico amore del Poeta. È questo un altro momento estremamente coinvolgente per lo spettatore: Dante, sebbene ora si trovi in un luogo di suprema bellezza, senza la guida di Virgilio si sente smarrito. Già molto provato dal lungo e duro viaggio fino a qui compiuto – soprattutto interiore – l’apparizione e le dure parole di Beatrice lo sconvolgono ancor di più al punto da sentirsi costretto a lasciarsi andare su un lettino da psicanalista arrivato prontamente in scena. È in questo momento che emerge il “Dante-uomo” ancora sospeso tra il terrestre e il celeste per donarci un’aperta e sofferta confessione. Con la mente “lavata” e lo spirito purificato, il Poeta si sente finalmente pronto a varcare il limite verso il Paradiso: «…rifatto sì come piante novelle rinovellate di novella fronda, puro e disposto a salire a le stelle».

Con queste ultime appassionate parole, le luci si spengono in sala e torna ponderoso il leitmotiv di archi. Appagati e soddisfatti, in noi si fa avanti la speranza – che si traduce in volontà – di poter vivere in un mondo migliore. La stessa speranza che è trasformazione e aspirazione al bene.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Verdi
via Palestro, 40 – Pisa
sabato 26 e domenica 27 marzo 2022

Il purgatorio
La notte lava la mente
di Mario Luzi
drammaturgia Sandro Lombardi e Federico Tiezzi
regia Federico Tiezzi
scene Marco Rossi
costumi Gregorio Zurla
luci Gianni Pollini
regista assistente Giovanni Scandella
scenografa assistente Francesca Sgariboldi
canto Francesca Della Monica
movimenti coreografici Cristiana Morganti
con Alessandro Averone, Dario Battaglia, Alessandro Burzotta, Giampiero Cicciò, Francesca Ciocchetti, Martino D’Amico, Salvatore Drago, Giovanni Franzoni, Francesca Gabucci, Leda Kreider, Sandro Lombardi, David Meden, Annibale Pavone, Luca Tanganelli, Debora Zuin

Foto di Luca Manfrini