La storia senza tempo della violenza e dell’amore che redime

Al Teatro Sala Umberto, la compagnia Vucciria Teatro ci porta nello spirito più profondo della Sicilia, attraverso un racconto fatto soprattutto di corpi, ma anche di spiritualità e sentimenti autentici.

Se ci proiettassimo nella Sicilia del 1940, ci troveremmo in un ambiente ancorato alle credenze popolari, ai rapporti di forza dettati dall’ostentazione del potere, al dominio psicologico e imposto fisicamente dell’uomo sulla donna. Nell’Italia meridionale di allora – affascinata dall’esaltazione misogina e fascista dell’uomo al comando – l’omertà e la vigliaccheria sono all’ordine del giorno e tuttavia proprio nel racconto di questo “piccolo mondo antico” così violento e asfissiante è possibile assistere allo slancio trascinante del sentimento autentico, del vero amore, quello capace di sfidare l’incubo dell’epoca nella quale si trova gettato. Per questa ragione raccontare il passato significa anche rivolgere attenzione al presente, innanzitutto perché molte di quelle dinamiche scorrono ancora più o meno sotterraneamente nella psiche individuale e collettiva: sono dinamiche che si esprimono in storie dove gli autentici protagonisti sono innanzitutto i corpi, intesi come luoghi della violenza e della tensione emotiva, ma anche come luoghi privilegiati dove si esercita il dominio e l’imposizione.

L’opera di Vucciria Teatro, portata in scena da Joele Anastasi, riesce nell’intento non ovvio di raccontare in uno spettacolo in costume – efficace e potente tanto nella ricostruzione scenografica, quanto nel linguaggio e negli abiti, grazie soprattutto all’ottimo livello delle interpretazioni – la storia senza tempo dell’amore spontaneo e innocente in grado di far arrossire e di sottomettere il più arrogante dei dominatori. La carnalità protagonista nella messa in scena di Anastasi, tra corpi in nudo integrale e urla animalesche, racconta una storia talmente antica da precedere la storia stessa: quella raccontata è la vicenda dell’origine assoluta, della primitività tribale che si esprime nello spazio del corpo prima di ogni ceto sociale, ambiente, epoca. La profonda provincia siciliana, come quella ottocentesca del Mascagni, assurge a scena della storia del mondo, eterna, come eterna è la Madre Terra, archetipo fondativo che ha attraversato le culture intrufolandosi persino nei bordelli e nei pascoli. Questa Madre Terra è Concetta, una straordinaria Federica Carruba Toscano – anche autrice del soggetto dell’opera, come si evince dal trasporto dell’interpretazione – capace di essere madre di tutto, simbolo di amore, ma anche simbolo di sessualità nonché giovane ingenua incapace di discernere il bene dal male, priva degli strumenti in grado di fronteggiare l’ipocrisia che la circonda. Simbolo anche del degrado dettato dall’ignoranza, che equipara le donne alle capre e che impedisce di comprendere persino come nascano i bambini, Concetta è la purezza incarnata, per questo nessun titolo sarebbe stato altrettanto efficace: santità e miseria, elevatezza spirituale e bassezza istintiva si scambiano le parti, ma tutto torna verso la terra. Solo così è possibile concepire il perdono autentico, quello per il più turpe dei peccati, come lo stupro e la violenza rivolta a chi è indifeso e incapace di difendersi – non devono stupire allora le allusioni al mondo Queer, oggi vittima di quella stessa violenza ancestrale. E come si evince dal monologo finale della protagonista – forse un tantino pretenzioso e didascalico, più attinente la serie delle leggende di Colapesce raccontate dal protagonista – alla fine forza e debolezza non possono non scambiarsi la parte, fino al punto massimo in cui la pietà viene rivolta all’aguzzino e alla miseria della mano che ti ha fatto del male: il sacrificio di sé per una nuova vita, la speranza di una nuova era ancora là da venire.

Lo spettacolo continua
Teatro Sala Umberto
via della Mercede, 50 – 00187 Roma
dal 27 Settembre al 2 Ottobre 2022

Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini presenta
Immacolata concezione
uno spettacolo di Vucciria Teatro
drammaturgia e regia Joele Anastasi
con Federica Carruba Toscnao, Alessandro Lui, Enrico Sortino, Joele Anastasi, Ivano Picciallo