Il passato da cui non si scappa

Recensione La scatola di biscotti. Dalla penna di Maurizio De Giovanni e per la regia di Andrea Renzi, in atto unico al San Ferdinando, per il Teatro Nazionale di Napoli, “la storia di un progressivo ritrovamento, di una donna (…) che si ritrova a fare i conti con il passato” in cui “le memorie e i ricordi si fanno vibranti dialoghi innervati sull’asse delle differenze di concezione tra una vita di città e una vita di paese”.

Il teatro sviluppa come in buio di camera oscura i negativi dell’anima. Ognuna in ascolto, rivolta ad un particolare, un gesto, una situazione rappresentata, un ricordo riaffiorato per le azioni degli attori, incarnanti personaggi speculari. E sono proprio vecchie fotografie che la protagonista Nunzia Russo, una ottima Marina Confalone, in arte Nancy Red, rispolvera da una scatola di latta di biscotti riabitando la casa della sua infanzia, ad una settimana dal commiato della defunta madre. Tornando al paese, per la triste occasione, il paese dal quale fuggì trent’anni prima in cerca di fortuna, in cerca di quella vita impossibile nei confini stretti della provincia. Un ritorno al passato, credendo di liberarsene, un ritorno a sé, e come in un Natale di Dickens, si materializzano i fantasmi in carne ed ossa di ciò che ha lasciato. E la coscienza, prende fantasticamente voce nelle sembianze di un pesce rosso in acquario stretto, metafora e similitudine dell’essere rimasti (sfavillanti sì) ma in una bolla. Nancy è ormai una donna famosa, nella capitale, un’agente di spettacolo di successo. Ma sola. Come il pesce nella sua sfera. Ama un uomo sposato (la cui voce la presta il regista stesso Andrea Renzi), possiede soldi e anche vite, ma vive in due camere d’albergo. Le riappare l’amica del cuore, felice moglie di un macellaio, mamma, nonna, e futura bisnonna. Le riappare il primo amore e partner d’arte, diventato sindaco, ancora innamorato. Le riappare sua madre, tipica donna di dovere, di casa, proletaria, impegnata nel crescere figli e accudire casa e marito, interpretata con calzante aderenza da Chiara Baffi. In un gioco giocato di dialoghi ampi e limpidi, senza troppe cessioni al non detto, una drammaturgia rispecchiante canoni basilari, accessibile, adatta ad un pubblico eterogeneo, che farebbe storcere forse il naso ad un certo tipo di critica attendente l’exploit, la camurrìa, l’esasperazione di gesto e tragicità dialettica, o il frammentario enigmatico a solleticare gusti sempre più condivisi da pochi. E invece, il piacere dell’intellegibilità prossima ad una fruizione universale, certo, con qualche scivolata nel retorico, qualche suggerimento canalizzato troppo, tentativi di colpi di scena bluffati ed elusi un po’ semplicisticamente, ma in un equilibrio di significati e significanti arrivati potentemente all’ascolto e provocanti emotività intense. Come il monologo sull’amore, di una Confalone/Red che all’amore ha rinunciato per paura, o la confidenza materna di Maria/Baffi, un vademecum sentimentale del rapporto genitoriale-filiale topos di un agire umano e sociale intero.
Un fondale a doppia parete, a identificare il confine labile tra realtà e finzione, a distinguere piani di osservazione, stabilire gerarchie di parte, e un interno domestico, unico luogo d’azione, di parola, come unico l’atto rappresentato senza soluzione di continuità, ma separando i timbri registici e di scena non facendo emergere troppo i contorni, come immagini montate in dissolvenza. Un approdo popolare, non nell’accezione sminuente a cui è solito dissimularsi il termine per snobismo intellettuale, ma in un significato di ampiezza positiva, di accoglienza, di spessore intimistico, per un immaginifico cifrato chiaramente e una organizzazione registica precisa a favorire caratteristiche autoriali in accordo di parte, stilizzare senza imporre. Del resto, sono le parole di Maurizio De Giovanni, di cui ormai le opere si annoverano tra le più lette e le più viste (in tv e a teatro) e la mano di Andrea Renzi, veterano di cinema e scene.
Sobrio, ma emozionante.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro San Ferdinando

Piazza Eduardo de Filippo, 20 Napoli

La scatola di biscotti
di Maurizio de Giovanni
regia Andrea Renzi
con Marina Confalone, Chiara Baffi, Andrea Cioffi, Silvia D’Anastasio
e con le voci registrate di Tony Laudadio e Andrea Renzi
scene Lino Fiorito
musiche Federico Odling
costumi Anna Verde
disegno luci Carmine Pierri
video e foto di scena Serena Petricelli
in foto Serena Mazzei, Norma Riccardi
musiche registrate eseguite da Vito Palazzo (chitarra), Vittorio Ricciardi (flauto e clarinetto)
aiuto regia Costanza Boccardi
assistente alla regia Manuel Di Martino
assistente ai costumi e sarta di scena Violetta Di Costanzo
direttore di scena Sandro Amatucci
macchinista Marco Di Napoli
datore luci Fulvio Mascolo
fonico Alessandro Innaro
parrucchiera Sara Carbone
parrucche Rocchetti
trasporti Autotrasporti Criscuolo
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale