Lo squallido specchio del mondo reale

Recensione La vacca. Spettacolo vincitore dei Premi Voci dell’Anima 2021 al Teatro della Centena di Rimini: Premio della critica, Premio della stampa, Premio sezione teatro, Premio Confine-Corpo; vincitore, inoltre, del Premio “Per fare il teatro che ho sognato” e del Premio Dante Cappelletti nel 2019, replicato a Napoli.

Il teatro fa brillare gli occhi. Quando nel buio, abbassate le luci di sala, nel momento in cui ci si abitua al tepore che l’oscurità trasmette, la luce bagna la scena e compaiono gli attori, in carne, ossa, sangue che scorre veloce, respiro, voce. E noi, dall’altra parte, cercare nelle azioni, finte, un motivo per esserci.

Il teatro fa brillare gli occhi di chi in scena accusa la parte. E se ne spoglia nel frattempo. Lavorando a restituire geografie interiori ed esteriori intercettabili, comuni. E brillano quando fa capolino l’idea che spazza l’inquietudine del doverne dire, del dovere di scrivere, del mestiere di raccontare l’arte… quella idea che mette pace al caos. Ed è una pace che lo spettacolo di Gennaro Maresca, scritto da Elvira Buonocore, recitato da Vito Amato, Anna De Stefano, Gennaro Maresca. restituisce di soppiatto, tardiva, a distanza. Per via di una costruzione squisitamente contemporanea, una composizione di partitura rifatta a strutture codificate e eluse con mano autoriale. Frammenti, per dialoghi slacciati, quadri svelti, spezzoni narrativi manipolati, andanti in binario, uniti nella soluzione drammatica che risolve l’ingarbuglio. E lo lascia però sospeso, nella percezione degli spettatori, nel compito di assemblare i pezzi, districare i misteri. E non dare risposte certe. Riproporre, invece, nuovi interrogativi.

La vacca è zoomare su dimensioni nascoste, strizzando l’occhio all’autorialità dell’assurdo, all’incertezza beckettiana, al comfort della recitazione verticale (Maresca ne è esperto), per ricreare confidenzialmente un approdo di significati tenuti nel giogo del non immediato, del verosimile. Condito dalla concretezza della crudeltà del vero, rappresentato egregiamente da attori efficaci, carnali, veicoli di materia umana.

Una coppia di fratelli, nell’essenziale di una scena poco conciata; vite al limite, un mistero in attesa di essere svelato, caratterizzazioni nette, a simulare un contesto altro, generico, di squallore. Un lavoro abusivo, l’esistenza marginale, e un rimando all’incomunicabilità, all’estraneità provata degli individui con l’altro da sé. L’arte del teatro che gioca a sovrapporsi alla vita, chiarificandone aspetti, mistificandoli con trucchi di scena. Ci vuole lucidità. E dimestichezza nell’imbrogliare le carte. Di parallelo, alla vita dei due lasciataci guardare con maliziosa brama, i tentativi di un goffo mandriano nel cercare disperatamente giustizia. Ad un grosso torto subito. Metafore latenti. Materializzate dalla parola, dalle emozioni a fior di pelle trasportate e trasmesse dall’attore (Maresca). E i binari si uniscono. I personaggi si scontrano, si incontrano, provano a fare squadra, connessioni. Ma restano soli, ognuno. Per un finale, forse affrettato, che non rende grazia alla costruzione e l’armonia dei tre quarti dell’inscenato. Lasciando però aperte possibili strade di percorrenza. Prelibatezze per il pubblico.

Notevole la drammaticità di Anna De Stefano, capace di incorporare le nevrosi e le asperità di tutto un tessuto sociale. Dalla mimica guizzante, tipica, rappresentanza di un popolo. Popolo che si fa mondo, esteriorizzandosi nei segni scenici e più o meno percettibili del mostrare per grafie fisiche, estetiche, d’azione. Senza riempimenti oggettivi eccessivi, con poco, quel povero di cui Grotowski sarebbe andato fiero. E le sfumature del vivere prendono materia nella corrispondenza di movimenti e parole, nei soliloqui alla platea, nell’indicare quella umanità che si esula nella propria amara condizione e diviene, vivificata sulle tavole di un palco, vessillo di comunanza. Le nudità che non mostriamo apparentemente abbigliati nella nostra parte sociale.
Crudo. Profondo. Beneficio per occhi e anima.

Lo spettacolo è andato in scena
Visto al Teatro Elicantropo
vico Gerolomini 3 – Napoli
15 gennaio 2024

La vacca
di Elvira Buonocore
con Vito Amato, Anna De Stefano, Gennaro Maresca
regia Gennaro Maresca
produzione B.E.A.T. teatro e Nuovo Teatro Sanità