Tragedia reale, finzione teatrale

Recensione La vita davanti a sé. Essere «figli di puttana» in un «mondo di cacca»: in scena al Teatro Pirandello, Silvio Orlando è Mohammed, detto Momò, voce narrante e protagonista di un racconto fatto di lacrime, emozioni e risate.

Siamo a Belleville, anni Ottanta. All’ultimo piano di uno sgangherato condominio abita Madama Rosa, un’anziana ex prostituta ebrea che si dedica ad aiutare altre “sex workers”, crescendone i figli e le figlie venute al mondo per “errore”. Rosa ha però un rapporto speciale con il piccolo Momò, un bambino che, a differenza degli altri, è ignaro chi sia la propria madre naturale. Momò, poi, è diverso dagli altri, di cui è anche “geloso”; non a caso passa le giornate a chiedersi che senso abbia una vita senza amore e prova a ricercarne le tracce ovunque, girando per i bar, per i negozi, per le strade. La paura della solitudine è tale che Momò vuole calmierare l’ossessione di essere invisibile “in ogni modo”; arriva anche a rubare maldestramente un uovo pur di essere notato dalla proprietaria che, sorprendentemente, invece di punirlo (come lui avrebbe “voluto” pur di ricevere un gesto di attenzione), lo omaggia di una carezza e un altro uovo. Che la sua vita non sia affatto semplice o romantica, lo dimostra in maniera esemplare il momento cruciale in cui Momò si rifiuta di riconoscere il padre sorprendentemente venuto a “prenderlo”, un padre che aveva trascorso gli ultimi quattordici anni in carcere per aver causato la morte della madre (del bambino) e che, di fronte a quel figlio nato con nome musulmano e cresciuto come ebreo dall’anziana donna, aveva anche esitato ad amare. Inoltre, Madama Rosa è bellissima e sanissima solo di fronte agli occhi emotivamente condizionati di Momò: la donna in realtà è malata terminale e la sua tragica fine disvela l’inevitabile esito cui giunge un’esistenza misera, la cui condizione di emarginazione non ha granché di poetico.

Con La vita davanti a sé, Romain Gary, autore del testo da cui è tratta la pièce, vinse sotto pseudonimo per la seconda volta il prestigioso Premio Goncourt. Silvio Orlando ne raccoglie l’eredità e tenta di restituire uno spaccato “dal basso” delle complessità e delle difficoltà di un mondo vissuto nell’alternanza di incanto e cinismo, di intuizione infantile e sguardo adulto. Il pubblico è chiamato a partecipare a questo misto di rassegnazione e speranza, di tristezza e risate, perché il mistero del dolore, l’insensatezza della solidarietà, l’abisso dell’amore sono temi che chiunque potrebbe riconoscere come propri. L’attore partenopeo ha la giusta indole melanconica per incarnare Momò e ne riproduce con il corpo e con la voce i tic nervosi e le espressioni infantili. Nell’esplicito tentativo di condurre lo spettatore empaticamente in scena, la sua postura è quasi sempre frontale al pubblico, mentre la scena rimanda grottescamente alla Miyazaki  (o alla Kiefer) all’appartamento nel quale, con Momò, scopriremo abitare delle umanità diversamente “aggrappate” alla vita.

Il testo è di limpida chiarezza e l’interpretazione di Orlando ne articola con esperienza il “movimento” tra tenerezza e intimità, divertimento e ironia, mestizia e dramma. Accompagnando il pubblico tra emozioni e sorrisi amari, Silvo Orlando conferma una solidità che “arriva”, anche se il lungo monologo, complice la staticità delle dinamiche sceniche e la sostanziale “monotonia” drammaturgica, risulta appesantire una vicenda che mostra evidenti tratti di “interesse” per la contemporaneità. “Peccato” per il “divertente” concerto finale con l’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre, un momento di leggerezza che, tradendo la dimensione d’intrattenimento e di fiction dello spettacolo, mostra un troppo facile “distacco” dal clima di denuncia sociale che La vita davanti a sé vorrebbe far “respirare”.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Pirandello
Piazza Luigi Pirandello 35, Agrigento

La vita davanti a sé
dal La vie devant a soi di Romain Gary (Emile Ajar)
riduzione e regia Silvio Orlando
direzione musicale Simone Campa
con Ensamble dell’Orchestra Terra Madre
scene Roberto Crea
costumi Piera Mura
disegno luci Valerio Peroni
vincitore de Le Maschere del Teatro Italiano 2022 per Miglior monologo