L’attore e il Sud

Andato in scena a Lecce, nelle sale interne del Convitto Palmieri, il 22 luglio, Lettere a Prospero conclude il biennale corso di recitazione all’Accademia Mediterranea dell’Attore.

“Fare l’attore a Sud” recita la propaganda dell’Accademia Mediterranea dell’Attore di Lecce – diretta e fondata da Franco Ungaro – unica scuola di teatro riconosciuta in Puglia dal Ministero della Cultura. Uno slogan semplice ma significativo. Intraprendere la professione artistica, a queste latitudini, comporta l’avere a che fare intanto con un atteggiamento di scetticismo verso un mestiere considerato piuttosto un hobby, uno svago (con il relativo proliferarsi di filodrammatiche e realtà amatoriali infestanti quando pretendono supporto istituzionale); comporta l’avere a che fare con una cultura dell’arte strutturata a “sistema” con tanto di posti, posizioni, distribuzione degli spettacoli e di fondi (pubblici), stabiliti da minoranze consorziate politicamente a determinare l’esistenza e il professionismo dei lavoratori. Ne consegue una selezione feroce basata non tanto sulle capacità e/o sul creare opportunità fattive per chiunque abbia volontà lavorativa, movimentata invece dall’intrallazzo, dal clientelismo, la scorrettezza. All’italiana…
Significativo dunque per i giovani e giovanissimi avere concretamente la possibilità di realizzare la propria vocazione. E lavorare scegliendo di farlo aderendo a sé.

Con lo spettacolo Lettere a Prospero – messo in scena a Lecce, nel polo bibliotecario del meraviglioso ex Convitto Palmieri – si è dato esito al corso biennale di formazione e perfezionamento attoriale dell’accademia. Per la regia di Serena Sinigaglia, la drammaturgia di Walter Prete, i costumi di Lillian Indraccolo, e i giovanissimi attori in scena. Fusione tra grammatiche testuali canoniche (la tempesta di Shakespeare) e la parola dell’attore, il personalissimo dare corpo all’intenzione intellettiva e spirituale, ricrearne dalla creatività interiore, soggettiva. Il tema dei padri – topos nella drammaturgia del bardo – risultato senza troppo mostrare, dando respiro al corollario sistematico dell’approdo per scene, gesti, significanti e significati.

Lo spazio scenico circondato dagli spettatori, a distanza ravvicinata, così da “intrappolare” gli attori in un habitat estremo, di contatto immediato, e temprare la capacità espressiva da mantenere salda, poco sporcata da tentennamenti dovuti alla mancanza di distanza. Incrementata la relazione tra attori, non sempre corrispondenti quanto attenti alla performance, all’utilizzo sintonico tra memoria e intonazione/tinta, ma concertati in una eufonia funzionante ad un’atmosfera osmotica, un approdo progressivamente verticale.
Certo, sono giovani, giovanissimi, e se ne avverte la concentrazione a non sfigurare, al rigore piuttosto che all’abbandono divertito e sensuale da veterano delle scene. Senza tradire la padronanza, acquisita dal lavoro, dall’affinare lo strumento naturale per ricomporlo in finzione, in immagine fisica, in canto.

Affiorano nitidamente le tematiche dichiarate e affrontate da regista e drammaturgo: l’inevitabile agire sociale per determinazioni gerarchiche e di ruoli, la dismissione di questi ultimi, i tentativi di salvezza, il concetto di cannibalismo (caro a Gramsci, meravigliosamente delineato da William Golding, incarnato senza eguali da Brecht). «Esistere e basta», si sente di dire Serena Sinigaglia (all’apice da decenni della regia contemporanea), partendo dal vissuto personale dei ragazzi per costruire meccanismi e coralità, luci e ombre, vita. «Auguro a queste sette ragazzi» – dalle parole di Serena Sinigaglia dal foglio – «che si diplomano oggi di trovare la loro strada senza bisogno di Prospero (nella Tempesta il personaggio capace di magia l’adopera per assoggettare al suo controllo, nda). Auguro a Prospero di essere felice, finalmente. Padri e figli liberi dai ruoli, fuori da quell’isola dorata che tale appare solo nell’illusione forzata di esserlo».
Il pubblico è coinvolto. Si assottigliano le attenzioni al virtuosismo per consolidarsi in un ascolto puro, intimo, empatico. Nette, dai contorni in rilievo, le caratteristiche attoriali – solitamente negli esiti calcata è invece la funzionalità per la costruzione corale riducendo l’attore/persona a ingranaggio figurativo, a sembiante – valorizzando le grafie, gli stilemi, le peculiarità individuali.
Meccanismi attoriali/scenici riconoscibili (si potrebbe dire tradizionali nelle grammatiche contemporanee) funzionali agli allievi nel cimentarsi con dei codici assunti a linguaggio, s’inscenano sciolti, senza troppe contorsioni o artifici.
E una grande spontaneità giovanile, svirgolate comprese, sale aggiunto alla prova.

Lo spettacolo è andato in scena
ex Convitto Palmieri

Piazzetta di Giosuè Carducci, Lecce
22 Luglio 2023

Lettere a Prospero
regia Serena Sinigaglia
con Arianna Alfarano, Samuele Ingrosso, Alice Maffei, Stefano Adriano Marzano, Miriana Moschetti, Dafne Serratì, Samuele Spagnolo
aiuto regia Lorenzo Paladini
drammaturgia Walter Prete
costumi Lilian Indraccolo
produzione AMA – Accademia Mediterranea dell’attore