Due performance per ragionare sul presente


Il Teatro Jenco di Viareggio mette in scena l’ascesa graduale al potere di Hitler e le conseguenze che ne derivarono, anche in termini di adesione, sempre maggiore, di una grossa fetta dei personaggi ritratti e della maggioranza della popolazione tedesca al Terzo Reich – ai suoi obiettivi, alle sue scelte ideologiche e alle sue dinamiche sociali, economiche, politiche e belliche.

Dinamiche che abbiamo riscontrato, negli ultimi quattro anni, anche nella democratica Europa. Prima con le scelte autoritarie, e lesive dei diritti dei singoli, durante il periodo della Covid-19 e, successivamente, con l’adesione incondizionata all’ultima guerra intrapresa dall’Occidente – assecondando scelte che provengono dagli Stati Uniti – per chiudere sull’epilogo genocidiario di Gaza.

In questo Mephisto (tratto dal romanzo di Klaus Mann), il mondo del teatro (ieri come oggi) similmente a Faust, il personaggio che vendette la propria anima a Mefistofele, è prima sedotto dal potere e poi, attraverso le scelte del protagonista (non a caso un attore), è direttamente coinvolto nei suoi meccanismi. Un coinvolgimento tale da portare anche all’eliminazione, prima, morale e, poi, fisica di coloro che non vi si adeguano. Non a caso il moto di ribellione e il tentativo di protezione, da parte di Woody Neri (nel ruolo di Hendrik Höfgen), dell’amico/compagno comunista, si ferma di fronte alla nuova visione del mondo, e del potere, al punto da rinnegare persino la propria sessualità omosessuale oltre alla propria “fede” politica.

Lo spettacolo, molto frammentario, fatica a non trasformare i vari personaggi in caricature di se stessi. Avulsi dal contesto che li generava, si fatica a seguirne il percorso umano fino alla completa adesione al Nazionalsocialismo e a tutti i suoi diktat – compresi l’antisemitismo o la persecuzione di omosessuali e oppositori politici, ma anche il divieto di qualsiasi critica e l’appiattimento artistico e attorale su temi e testi compiacenti, edulcorati o borghesemente e inutilmente faceti.

Si arranca tentando di seguire una sequela di incontri e amori che si fermano alla superficie, ridotti all’atto in sé o a un veloce scambio di battute da “copione”, e raramente sostenuti da un intimo confronto. Forse troppe le dinamiche messe in campo e, di conseguenza, troppo compresse. Alla fine si ha l’impressione di un destino ineluttabile, quello di Faust/Höfgen – che pare quasi assolto perché impossibilitato a fare altrimenti – quando al contrario, piegarsi al potere è sempre frutto di scelte individuali e collettive, di cui si resta responsabili di fronte alla storia, oltre che alle vittime. Ieri come oggi.

Il secondo spettacolo della settimana teatrale toscana, è Kashimashi, andato in scena al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino.

Un piccolo spaccato della società (soprattutto al femminile) nella quale viviamo e delle narrazioni che ci accompagnano quotidianamente. Facciamo selfie per piacere a noi stessi o per mostrarci agli altri? O addirittura per denaro se utilizziamo la rete per venderci – in toto o in parte? E siamo mai sincere, in primis con noi stesse, quando dichiariamo che lo lasceremo, quel maschio che ci brutalizza, ma che sembra importarci più della nostra stessa esistenza tanto che ci preoccupiamo più di coprire i lividi o inventare scuse che non di sfuggirgli e riacquistare il rispetto e l’amore verso noi stesse?

Natasha Czertok, autrice e performer, sola in scena, si muove tra scatole di cartone, dalle quali usciranno una maschera, petali, vestiti, un rossetto e tutto quello che può esserle utile per tratteggiare brevi quadri che ci pongono più domande che darci risposte. Siamo mai noi stesse/i o è l’abito che ci rappresenta? Basta un completo da uomo per trasformarci in manager di successo e assumere i medesimi comportamenti del potere patriarcale e/o capitalistico? Siamo tutti figli del peccato originale o Eva è l’unica ad aver capito che senza la conoscenza non vi è piacere e tanto meno quel riso diabolico che esaltava Umberto Eco nel suo capolavoro? La migliore risposta alla domanda viene da una base musicale che invita alla danza mentre si morde la fatidica mela. 

La parte che meno convince è quando Czertok tenta di cantare come una strega – figura emblematica di quella storia di persecuzioni che le donne hanno subito, in Occidente, almeno dall’affermazione del Cristianesimo in avanti.

Nel complesso uno spettacolo veloce, condensato e ironico per affrontare, con una certa e voluta leggerezza, tematiche dell’oggi come del passato.

Gli spettacoli sono andati in scena:
Teatro Jenco
via Euro Menini, 51 – Viareggio (LU)
giovedì, 14 marzo 2024, ore 21.00
Mephisto
Romanzo di una carriera
adattamenti dal romanzo di Klaus Mann di Andrea Baracco e Maria Teresa Berardelli
regia Andrea Baracco
con Ian Gualdani, Woody Neri, Anahì Traversi e Giuliana Vigogna
voce off Lino Musella
scena e costumi Marta Crisolini Malatesta e Francesca Tunno
suoni e musiche Giacomo Vezzani
video e Luca Brinchi e Daniele Spanò
disegno luci Orlando Bolognesi
produzione MAT-Movimenti Artistici Trasversali

Teatro della Limonaia
via Gramsci, 426 – Sesto Fiorentino (FI)
domenica 17 marzo 2024, ore17. 00
Kashimashi
di e con Natasha Czertok
disegno del suono Vincenzo Scorza e Alessandro Campioni
disegno luci Franco Campioni
produzione Teatro Nucleo
foto di scena di Daniele Mantovani

Nella foto: Natasha Czertok in Kashimashi