Finché c’è odio c’è speranza

La recensione di Miracoli Metropolitani. Le luci si abbassano sul pubblico che occupa interamente la platea e, come sottolineeranno alla fine dello spettacolo dal palco, la risposta calorosa degli spettatori suona come una richiesta di ritorno alla normalità – che, ormai, solo questo Governo (fanalino di coda europeo) continua a ignorare in nome di un ordine repressivo che sta dividendo il Paese e rendendo la situazione economica e la cosiddetta “ripresa” ancora più difficili da attuarsi.

L’inizio scoppiettante ci presenta una saracinesca/botola come unico baluardo alla diffusione del liquame umano che, ormai, intasa le fogne e sta emergendo in superficie – come un viscido Blob. Si vive – si fa per dire – in questo futuro/prossimo alla giornata, relegati a lavori che permettono di far fronte esclusivamente alle prime necessità e la cui ripetitività e mancanza di fantasia spegne ogni impeto creativo – soprattutto di uno chef decaduto a cuoco per il nuovo business: il take away per celiaci.

Un mondo di derelitti, all’apparenza, ‘avanzi’ di una società che fagocita e rigurgita e che ha trasformato la condivisione e l’empatia in like da social – ove il mezzo di comunicazione di massa pare essersi degradato all’acquisizione di follower a scopi prettamente economici. “La vita in diretta”, potremmo parafrasare, con tutti i suoi lati peggiori perché è la violenza – individuale o collettiva, psicologica o fisica, di chi esercita qualche tipo di potere –  l’unica a fare audience. Tutti in vetrina alla ricerca dell’opportunità che cambi la vita: l’incontro con la manager di successo, la ricetta perfetta, il provino non truccato, una bara con sottofondo, il riavvolgere il nastro della vita a quell’istante prima che tutto finisca, che nulla abbia più senso.

In controluce – velate da un’ironia amara – le sofferenze di chi ha intrapreso un viaggio della speranza ed è rimasto solo, seppure non dimentica chi ne è stato la causa: sfrattati dai loro villaggi, la terra sottratta per fare posto alle piantagioni (di avocado in Africa, di cotone in India o alle case coloniche in Palestina), violati dai colonizzatori, dai mercanti di esseri umani o dagli aguzzini stipendiati dall’Europa per tenere i migranti lontani dalle nostre frontiere. Una rapina che si protrae da secoli operata dall’opulento Occidente. I pensieri che suscita Miracoli Metropolitani sono tanti ma non sono snocciolati in maniera pedagogica, bensì prendono corpo e vita grazie ai dialoghi e alla costruzione di personaggi a tutto tondo – sempre profondamente umani.

Ed è l’umanità quella che prevale e si manifesta nei momenti peggiori della repressione: sono loro, i meno eroici, i più problematici a mostrare il meglio nella capacità di unirsi e persino di sacrificarsi per l’altro da sé – quello che, secondo il potere costituito, dobbiamo disprezzare e rinchiudere. Ma la salvezza non è mai facile da conquistare e chi ha speso un’intera vita per cambiare lo stato delle cose teme che la fuga sia l’unica ancora di salvezza – esisterà un luogo ove sia possibile sperimentare nuovamente un’idea di umanità?

I percorsi umani – all’inizio dello spettacolo definiti ma apparentemente lontani – si incrociano, nell’ultima parte rivelandosi in tutta la loro drammaticità e cooperando per un finale che tesse ma non appiattisce. Per un breve sprazzo di tempo sembra ancora possibile, in un mondo capitalistico dove la sofferenza è diffusa ma sottaciuta, generare un fronte di lotta comune per contrastarla.

Si ride, soprattutto nella prima parte, ma è (come scrivevamo) una risata amara, consapevole di un universo/mondo che guardiamo srotolarsi sul palco ma che può diventare un futuro fin troppo prossimo anche per noi, seduti in platea. Uno spettacolo dalla regia precisa e puntuale che si avvale di un light design sempre all’altezza di una scenografia funzionale – ove ogni oggetto o pertugio, porta o stanza ha un preciso significato e funzione. Una scenotecnica che dà risalto a un’eccellente prova attoriale dell’intera troupe e a una drammaturgia che non fa sconti a nessuno e che, dietro alle battute, più o meno irriverenti, nasconde ma allo stesso tempo esplicita i danni del colonialismo – ieri come oggi. Lo sfruttamento delle risorse umane e dell’ambiente stanno producendo danni forse irreversibili: se non li denuncia l’arte con la forza della sublimazione, chi potrebbe farlo?

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Puccini
via delle Cascine, 41 – Firenze FI
sabato 13 febbraio 2022, ore21.00

Miracoli metropolitani
uno spettacolo di Carrozzeria Orfeo
drammaturgia Gabriele Di Luca
regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi
con (in ordine alfabetico): Elsa Bossi (Patty), Ambra Chiarello (Hope), Federico Gatti (Igor), Beatrice Schiros (Clara), Massimiliano Setti (Cesare), Federico Vanni (Plinio) e Aleph Viola (Mosquito/Mohamed)
si ringrazia Barbara Ronchi per la voce della moglie
musiche originali Massimiliano Setti
scenografia e luci Lucio Diana

In copertina: Foto di Laila Pozzo