Politicamente corretto

Recensione Otello Circus. Teatro la Ribalta-Kunst der Vielfalt di Bolzano e Orchestra AllegroModerato di Milano portano allo Spazio Rossellini di Roma la tragedia dell’Otello in una suggestiva ambientazione felliniana.

La struttura scenografica è a cerchio, ci troviamo in un circo, e gli spettatori sono seduti tutti attorno a una gradinata che avvolge la scena in una situazione mista di prossimità e discrezione. In penombra, poco al di là di questo perimetro, l’orchestra è comunque parte integrante dell’allestimento anche in virtù di alcune incursioni all’interno del “tendone”. Siamo nell’Otello Circus, «opera lirico-teatrale ispirata alle opere di Giuseppe Verdi e William Shakespeare ambientata in un vecchio Circo dove tutto sembra appassito ed Otello è costretto a rappresentare la sua personale tragedia». Le vicende sono tratte con intelligente fedeltà dalla tragedia shakespeariana, pur scarnificata all’essenziale, poi adattata al contesto (per esempio, la citazione al primo premio per il miglior pezzo acrobatico conquistato al “festival di Cipro”) per così essere animata da «altri personaggi dell’Opera di Verdi e Shakespeare: Cassio, Jago, Roderigo ed Emilia che si spartiscono le varie attività e mestieri del Circo. L’acrobata, il lanciatore di coltelli, l’equilibrista, l’inserviente, il domatore».

Il moro è un clown con il volto dipinto di bianco e il corpo pesante e questi due elementi incarnano il misto di tragedia e parodia che caratterizzano l’opera (fin dal concepimento originario), la cui atmosfera rimane altamente drammatica essendo inframezzata e non stemperata da sconfinamenti comici e da numeri da circo. Desdemona, dal canto suo, è l’emblema del candore, l’eterna fanciullina capace di vedere il mondo con stupore e incanto, sempre con gli occhi dell’amore verso Otello e dell’amicizia per Cassio. Manipolato dall’astuto Iago per innescarne il mostro dagli occhi verdi della gelosia, sarà proprio l’incrocio tra i sentimenti provati per i due uomini a risultare inaccettabile per Otello, certamente una delle creazioni più potenti del Bardo, forse quella che più ogni altra ha saputo ridefinire l’immaginario su concetti fondamentali per l’Occidente, come amore, gelosia e onore. Le domande che l’Otello suscita sono radicali ancora oggi perché impattano idee e valori canonici nel nostro modo di pensare e di agire: la paranoia di Otello e l’ingenuità di Desdemona, la gelosia del primo e l’amore della seconda sono scindibili o sono due facce della stessa medaglia? Il loro amore è mai stato davvero tale? Di conseguenza, può attribuirsi veramente a Iago la colpa del fraintendimento della purezza angelica di Desdemona da parte di Otello? E proprio su Iago si concentra la più importante rivisitazione operata dalla compagnia su un personaggio: pur mantenendo i connotati del character capace di muovere come marionette e di ribaltare i sentimenti altrui, non si tratta più del demonio depravato sedotto dal gusto del Male per il Male, ma più semplicemente di un uomo avido assetato dal desiderio di vendetta, potere e denaro.

Accompagnato dalla precisa esecuzione dell’Orchestra AllegroModerato, il livello interpretativo e performativo è di alto livello per l’intero ensemble. Maria Magdolna Johannes è eccellente nel sublimare in Desdemona l’anima onirica del personaggio e il dramma di genere ipotizzato dalla regia, così come Rodrigo Scaggiante è convincente nel restituire un Otello massiccio nel fisico, ma fragile nella mente, mentre Rocco Ventura è una voce narrante salda anche nell’assolvere il ruolo di rumorista di scena. Nel suo complesso, soprattutto per l’ambientazione felliniana in cui sono incastonate le musiche di Verdi e la storia di Shakespeare, Otello Circus propone una interessante traduzione contemporanea di un’opera d’arte inattuale, ma l’esperimento di immedesimazione e trasfigurazione nelle coscienze di chi assiste sembra patire l’ingenuità con cui la tematica del femminicidio viene drammaturgicamente accolta.

Proprio condividendo l’idea che gli “attori di-versi” non debbano essere costretti a rendere “invisibile” l’autenticità della propria condizione, stonano sia l’enfasi posta sulla loro condizione fin dalle note di regia («unica compagnia Italiana costituita da uomini e donne in situazione di disagio psichico che lavorano in teatro professionalmente»), sia e soprattutto il tentativo di conformarne la recitazione su modelli interpretativi tradizionali e “normali” in senso anacronistico attraverso il continuo ammiccamento a momenti di “affettuosa” e com-patetica empatia. Se l’intenzione era quella di utilizzare l’esperienza estetica quale contesto privilegiato in cui esprimersi attraverso modalità differenti da quelle imposte dall’immaginario performativo della società dei consumi o far sì che il teatro potesse essere occasione di incontro per una umanità “plurale” liberata dal giudizio omologante dell’Altro, allora la finalità di promuovere il cambiamento dell’immagine pubblica delle persone con disabilità attraverso lo sviluppo del loro potenziale creativo, produttivo e professionale attraverso le arti performative sembra aver raggiunto un esito ambivalente. Per un verso, la scena è caratterizzata da meccanismi di insieme che appaiono alternativi a quelli con cui la società occidentale crea “normalità”, ossia isolando gli individui, ma dall’altro il disordine scenico (in una maniera probabilmente inutile data la qualità attoriale) sembra voler mascherare in maniera “tollerabile” le loro soggettività artistiche. Il rischio è che addirittura l’alto livello interpretativo venga inficiato dall’«essere giudicati con occhi speciali, con occhi pieni di “solidarietà sociale”», fatto che invece voleva essere evitato.

Di fatto, il modello antropologico dominante permane in una visione “eccentrica” dell’attore di-verso di cui non si riesce ad attivare le specificità nell’ambito della creazione di una nuova grammatica teatrale dei corpi e delle menti. In sostanza, quello che Otello Circus presenta è un momento di catarsi da una condizione (la di-versità) che quindi viene ancora stigmatizzata e rispetto alla quale il pubblico può non sentirsi chiamato in causa e a cui quindi può “rispondere” con il proprio consolatorio applauso finale senza veder scossa alcuna delle sue sicurezze da un allestimento che non inficia la “distanza” tra una supposta normalità e una “accettabile” anormalità. È vero che «questo spettacolo è pieno di uomini e donne che finalmente posso essere qualcos’altro e non solo la loro malattia o la loro patologia», ma è purtroppo anche vero che tutto ruota attorno a una “validazione” eterodiretta nel momento in cui quegli stessi uomini e donne «si assumono l’onere e l’onore di voler essere giudicati per quello che fanno e non per quello che sono e ci chiedono di andare oltre le apparenze». Nonostante Antonio Viganò proponga alcune soluzioni tecniche straordinariamente efficaci (il lampadario agitato da Iago per fare del palco e della platea un unico ambiente esistenziale e le rose che segnano il compiersi del femminicidio), l’ingenuità della sua proposta inclusiva si disvela a più riprese e si palesa quando Desdemona rimprovera a Cassio (Jason De Majo) di – citando a memoria – “profumare come una troia” pur di strappare un applauso divertito o l’eterea Mirenia Lonardi (rappresentante dei «fantasmi delle vittime di femminicidio» che sul finale esorta il pubblico a raccontare con onestà ciò a cui hanno assistito come accade in Amleto) attribuisce a tutti gli uomini l’essere carnefici come se fosse una colpa antropologica e non una condizione storico-culturale.

La caduta di stile (di Desdemona) e la genericità dell’accusa finiscono per depotenziare culturalmente questo Otello Circus che pure, dal punto di vista delle professionalità artistiche, sembra possedere tutte le carte in regola per osare oltre il politicamente corretto.

Lo spettacolo è andato in scena
Spazio Rossellini

Via della Vasca Navale 58, Roma
dal 25 al 27 Febbraio 2022

Otello Circus
di Teatro La Ribalta / Orchestra AllegroMode
scene e regia Antonio Viganò
orchestrazione e direzione musicale Marco Sciammarella, Pilar Bravo
con Rodrigo Scaggiante, Mirenia Lonardi, Matteo Celiento, Maria Magdolna Johannes, Jason De Majo, Michael Untertrifaller, Daniele Bonino, Rocco Ventura
con l’Orchestra AllegroModerato: Luca Baldan, Davide Bagliani, Chiara Mauri (percussioni), Gregoriana Pirotta (flauto), Miriam Marcone (clarinetto), Alessio De Paoli e Riccardo Masciadri (contrabbasso), Pinuccia Gelosa (pianoforte), Costanza Cucuzzella, Marco Sicca, Maria Pia Abate, Pietro W. Di Gilio, Pasquale Prestinice, Jacopo Wiquel, Michela Piccolo (violino), Andrea Stringhetti e Giulia Garitta (violoncello), Marco Sciammarella (Glockenspiel), Stefano Ballardini (xylofono)
con i cantanti Paolo Cauteruccio (tenore), Francesca Pacileo (soprano), Jesus Noguera (baritono)
collaborazione artistica Antonella Bertoni
costumi Roberto Banci – Sartoria teatrale Tirelli – Roma
light design Michelangelo Campanale
direzione tecnica Andrea Venturelli
direzione di produzione Paola Guerra
foto di scena Vasco Dell’Oro e Marzia Rizzo
distribuzione Claudio Ponzana
produzione Teatro la Ribalta, Lebenshilfe Südtirol
in collaborazione con Orchestra AllegroModerato, Olinda – Festival Da vicino nessuno è normale
con il sostegno di Fondazione Allianz Umana Mente e Fondazione Alta Mane Italia
con il contributo di MIBACT, Comune di Bolzano, Provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige
nato all’interno dal Corso Professionalizzante Arte e Mestieri della Scena del Fondo Sociale Europeo – Provincia Autonoma Bolzano