Peng Bang Bum

Recensione Peng. Tratto da una drammaturgia di Marius von Mayenburg, Peng è metafora politica dei nostri giorni attraverso il personaggio di un bambino nato per essere onnipotente.

Ralph Peng viene al mondo davanti alle telecamere e, dovendo sostenere da subito la propria vita come spettacolo, non si rispecchia negli occhi della madre, ma in un obiettivo ottico. L’effetto è quello di non essere contenuto da un corpo, ma da un ego immaginario, da un “grande fratello” compiacente che pare predicare una sorta di blasfema indistinzione.

«Il bello è brutto e il brutto è bello» afferma Peng. Bello e brutto sembrano fondersi in un grumo indistinto in quanto il linguaggio, disancorandosi dal valore, non riesce più a separarli, esattamente come il padre non sa farsi ubbidire da Ralph rispetto a ovvie regole educative. Cosa è male? Cosa è bene? L’impotenza sociale può soltanto nutrirsi di specchi, confessandosi in diretta a un pubblico il cui occhio è lo sguardo di un Dio onnipresente.
La vita – come scrisse Guy Debord alla fine degli anni sessanta – si allontana da sé stessa e diviene spettacolo. Questo, perdendo l’ambizione di essere arte, guadagna un carattere rituale che non può essere mai interrotto. Il significato è l’assenza di significato, per cui la vita diviene un oggetto esterno da giudicare, con noi stessi a fare da tribunale. Il vuoto metafisico viene ribaltato nell’esaltazione stessa del vuoto, riempito da altrettanto vuoti valori etici da rendere verosimili per lo schermo, quanto indifferenti nel “vero” della realtà.
A questo proposito il buon Ralph prova a comportarsi da bambino “vero” (come Pinocchio) quando desidera far fuori le donne vittime di violenza stipate in cantina, reclamando attenzione per sé solo, piuttosto che un afflato universale il quale, riducendo le vittime a occasione etica di approvazione sociale, nega a lui un amore materno ad altro interessato. Il desiderio di essere riconosciuti universalmente diviene il potere a cui tutto dev’essere sacrificato, sostenuto da un’implacabile esigenza confessionale che ha come suo vertice l’occhio sempre acceso di uno schermo teologico.

C’è da chiedersi se l’allestimento quasi pirotecnico, confezionato prendendo a parodia i tempi serrati della TV (l’opera di fatto è la vita in diretta della famiglia di Ralph), non conceda allo spettacolo molto più di quanto in realtà voglia criticare. Se il vuoto del moderno è il bersaglio dell’opera, ci chiediamo perché cercarlo solo nella rappresentazione e non direttamente all’interno dell’essere umano che lo sollecita, lì dove fa “freddo” e lo spettacolo non sarebbe più tale, rimanendo comunque “teatro”.
Il divertimento di molta platea è certo segno di apprezzamento, ma può altresì figurare un segreto favore per personaggi che rischiano la coloritura farsesca piuttosto che una precipitazione tragica. Il pericolo è lo scolorire del dramma in aperta commedia, con l’effetto di perdere in aggressivo sarcasmo e volgersi subito in “intrattenimento”, quello che oggigiorno sembra godere anche di quelle scene costruite per scuotere.
Gli applausi tuttavia sono stati scroscianti, l’energia della messa in scena “senza fiato”, gli attori tutti molto efficaci. La forza drammatica dello spettacolo, sia questa un pugno o un “carezzar di piuma”, è stata comunque gradita. Gli autori, nell’adattare Mayenburg, hanno avuto ragione, ed è quello che conta. Forse.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Vascello
Via G. Carini 78 Roma
dal 7 al 12 marzo 2023, dal martedì al venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17

Peng
di Marius Von Mayenburg
traduzione Clelia Notarbartolo
con Fausto Cabra, Aldo Ottobrino, Sara Borsarelli, Francesco Sferrazza Papa, Anna C. Colombo, Francesco Giordano, e con la partecipazione in video di Manuela Kustermann
scene e disegno luci Marco Giusti
scenografa collaboratrice Alessandra Solimene
video Paride Donatelli
suono Dario Felli
realizzazione scene Danilo Rosati
costumi Francesco Esposito
aiuto regia di Paolo Costantini
macchinista di scena Davide Zanni
attrezzista Eughenij Razzeca
regia Giacomo Bisordi
produzione La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello
durata 90’