L’inadattabile

Recensione Sylvie e Bruno. Dopo la traduzione per Einaudi a firma di Chiara Lagani, Fanny & Alexander tentano sul palco un adattamento del complessissimo Sylvie e Bruno, terzo e ultimo romanzo di Lewis Carrol dopo i due Alice.

Prima di Joyce, prima di Woolf, prima di Burroughs, c’era Lewis Carroll, un uomo e uno scrittore apparentemente tutto immerso nell’Ottocento e in un certo inestirpabile infantilismo narrativo. Eppure, fu proprio questo distratto pastore luterano il primo, nella letteratura occidentale, a portare il linguaggio a un suo al-di-là che solo nel Novecento verrà pienamente teorizzato. Idolo e maestro – non per nulla – agli occhi di Gilles Deleuze, Carroll si è ritagliato un posto di spicco nel nostro immaginario con i suoi celeberrimi romanzo Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio, un duo tuttora  cornucopia di invenzioni e di spunti per Hollywood e dintorni; eppure il vero romanzo di Carroll anticipatore del modernismo novecentesco non è parte di questo dittico, ma è Sylvie e Bruno, il suo terzo romanzo, di gran lunga meno noto e di gran lunga più complesso, fiaba che mescola e sovrappone molteplici livelli narrativi in una dimensione perennemente fatata.

Chiara Lagani, la cofondatrice della compagnia teatrale Fanny & Alexander, pochi anni fa aveva tradotto per Einaudi una nuova edizione del romanzo, dopo un’analoga esperienza con I libri di Oz (da Frank Baum). Con la drammaturgia di Lagani e la regia di Luigi Dei Angelis, il Sylvie e Bruno dei Fanny & Alexander rispetta e dissoda al tempo stesso la complessità strutturale dell’originale romanzo di Carroll portando in scena cinque attori in una perenne metamorfosi di ruoli, personaggi, situazioni. Se vogliamo, questo pezzo teatrale è una riflessione drammatizzata attorno all’intricato termine inglese eerie, un aggettivo su cui anche in veste di traduttrice Lagani si era molto interrogata, per poi scegliere di renderlo come «incantato». Lo stesso romanzo di Carroll alla base dello spettacolo era, in fondo, inadattabile e al tempo stesso profondamente teatrale, essendo tutto  giocato sulla tensione tra realtà e messa in scena, tra riflesso e originale, tra la finzione e il suo svelamento. Con spaccati metateatrali e rotture della quarta parete disseminate qua e là nel testo, il Sylvie e Bruno dei Fanny & Alexander porta gli interpreti ben al di là dell’usuale circoscrizione a singoli e prefissati personaggi: a volte è anche il disegno luci a sottolineare il passaggio tra stati diversi del reale, ma essenzialmente questo sentimento di viaggio attraverso i mondi e le realtà, finalmente scoperte plurali, è reso tutto attraverso le battute, un continuo intrecciarsi di pensieri, esclamazioni, voci infantili in playback e la presenza di un narratore diegetico che sul palco fa “un po’” il ruolo del regista, fino a spostare avanti e indietro il tempo.

Per le sue intrinseche complessità drammaturgiche, inevitabili una volta compiuta la scelta del testo di partenza, questo Sylvie e Bruno resta in fondo più impresso per la sua resa scenica di uno stato astratto e il suo essere eerie, appunto, anziché per come traduce sul palco le vicende del romanzo di Carroll: l’originale Sylvie e Bruno è un’epopea dell’immaginazione troppo vasta per prestarsi a qualunque fedeltà di adattamento. «Nella nostra intenzione, così come accade già nel romanzo di Carroll, il passaggio da una storia all’altra e da una dimensione all’altra porta lo spettatore, come accade al lettore, a diventare vero e proprio co-autore della storia, a creare cioè dei “ganci” di senso a cui aggrapparsi per non soccombere alla furia del moto ondoso della trama», ha spiegato Chiara Lagani. L’originale di Carroll «ti pone direttamente questa domanda: sarà possibile leggere un romanzo come se si stesse sognando?… Allo stesso modo chi viene a teatro a vedere Sylvie e Bruno potrà chiedersi: sarà possibile assistere a uno spettacolo come se si stesse sognando?». Se adattare Carroll è per certi versi un sogno, anche tradurlo è una sfida che si sa – in parte – persa in partenza: resta sempre l’irriducibile del testo, la sua schizofrenia, di ogni testo e soprattutto di un romanzo improntato tutto sulla magia, sul fantastico, sul richiamo di un mondo astratto e fatato. Ma abyssus abyssum invocat e, tra le mani dei Fanny & Alexander, Lewis Carroll si trova anche a guadagnare, oltre che a perdere, da questa inedita (dis)soluzione teatrale.

Lo spettacolo continua
Teatro India – Teatro di Roma
Lungotevere Gassmann 1, Roma
ore 20.00, domenica ore 18.00
fino al 26 marzo

Sylvie e Bruno
liberamente tratto da Sylvie e Bruno di Lewis Carroll
ideazione Chiara Lagani e Luigi De Angelis
drammaturgia Chiara Lagani
regia, scene e luci Luigi De Angelis
con Andrea Argentieri, Marco Cavalcoli, Chiara Lagani, Roberto Magnani, Elisa Pol
musiche e sound design e musiche di Emanuele Wiltsch Barberio
cura del suono e supervisione tecnica Vincenzo Scorza
costumi Chiara Lagani