L’amore salva?

Al Binario 30 teatro, va in scena lo spettacolo That’s amore, curato dalla Compagnia Degli eletti, frutto del lavoro teatrale svolto all’interno di case circondariali.

Lo spettacolo della Compagnia compone gli esiti dei percorsi laboratoriali tenuti in alcune carceri, allo scopo di avvicinare il teatro come spazio di rielaborazione della propria storia. Di fatto si basa su scritti degli stessi attori (detenuti ed ex detenuti) e su citazioni letterarie proposte da professionisti. Tema centrale è l’amore che manca, l’amore che non è bastato, l’amore che aspetta fuori, o che si aspetta per una sola ora al mese di colloquio.

Lo spettacolo si avvale di quadri in cui lettere, spunti di riflessione malinconica, macchiette comiche e intermezzi musicali, si susseguono secondo una linea che dà l’idea di voler unire due modelli apparentemente opposti, quello dei varietà televisivi, da una parte, e quello della rappresentazione liturgica, dall’altra, possedendo del primo una vena parodistica, del secondo una edificante. Entrambi danno l’idea di concorrere alla copertura della energia “negativa” che fa vivere un mondo oscuro, accanto a uno più luminoso in cui ogni cosa dovrebbe essere chiara e limpida. Si respira un’aura nostalgica per una realtà che dovrebbe essere priva del male, che invece lo racchiude, ne è profondamente segnata, abbracciata in un corpo a corpo di cui questi uomini (ex) detenuti sono la testimonianza storica.

La donna – dipinta come figura sacrificale, e quindi salvifica – viene individuata come la guida che inoltra alla luce, sul modello di Beatrice per Dante. Tra parodia (la Beatrice dantesca e la Giulietta di Shakespeare) e contemplazione mistica (uno dei quadri riguarda le tre Marie ai piedi del Cristo), le donne cercano di limitare quanto del maschile è attratto dal negativo, dalla trasgressione, dal “fuori campo”. L’amore delle donne salva, offrendo di tornare sotto la propria ala protettiva, l’unica in grado di proteggere da una passione non temperata. Chi è catturato dal “senza limite” è solo un angelo dalle ali tagliate, per cui l’amore è la cura universale.

Di fatto lo spettacolo è un patchwork che di questo manca la solida ambizione unitaria, se si eccettua il messaggio (l’amore salva), a cui non si accompagna la discesa al fondo di una mancanza d’amore originaria che forse impedisce a molti uomini e donne di poter amare. Tuttavia, malgrado l’insistenza della copertura, qualcosa di terribilmente estetico sfugge alla rappresentazione edificante, un’energia potente, non “allenata”, ma con un volto, quello degli attori non professionisti. Ci si chiede perché la drammaturgia non abbia sfruttato di più e meglio la potenza iconica di questi volti, delle posture, della voce atonale, claustrale, irrigidita, “sporca”, tutt’altro dalla voce addestrata alla dizione dei pur efficaci attori professionisti intenti a far da cornice alla narrazione. È proprio la parte non “educata” a essere “vera”. Sarebbe bastato che i novanta minuti circa della rappresentazione fossero stati riempiti dal silenzio delle tre Marie accanto al Cristo, per suscitare un pathos a cui niente avrebbe potuto aggiungersi, né danze, né canti, né parodie, né commenti, solo la contemplazione.

Il volto dell’attore che interpreta il Cristo, coi suoi tratti induriti, quel corpo disegnato dagli eccessi storici di un percorso che non conosciamo, è straordinario nella sua potenza. Ci è davanti agli occhi nello sguardo fisso a un orizzonte che forse è il Regno per come una luce ingenua lo offre, nella visione addolorata di una ipotesi di sé diversa, colta, come per Paolo di Tarso, nell’istante di una caduta. Riflesso in quello sguardo, anche il pubblico – se si lascia catturare – può contemplare la parte di sé che non riesce a esser felice, condividendo con quell’icona vivente la stessa incapacità, la cui differenza con la nostra sta forse nel non aver incontrato alibi così distruttivi da trovare limite estremo nella legge.

I corpi di quei “non attori” sono la verità dello spettacolo, seppure sommersi in un décor che ne relativizza la potenza “negativa”, tutta da cercare nello sforzo di dominarla fino all’ultimo crudele istante. Il meglio di questo lavoro, probabilmente non è nello spettacolo (di fatto più simile a un happening, giustamente felice della propria stessa sostanza), quanto in ciò che non vediamo, quel work in progress che ha preceduto l’oggi, nel lavoro espressivo offerto a chi – detenuto o meno – vi ha partecipato come occasione di accedere a una dolorosa verità di sé. Se il teatro non salva, come si spera può fare l’amore, può almeno aiutare a vivere.

Lo spettacolo è andato in scena
Binario 30 Teatro
Via Giolitti 159, 163 – Roma
da venerdì 23 a sabato 24 febbraio 2024, ore 21.00 – domenica 25 febbraio 2024, ore 17.00

That’s amore
regia di Patrizia Spagnoli
con Fabio Bellotazzi, Massimo Nicoletti, Francesco Renzuto, Fortunato Strino, Alessio Vernarecci, Beatrice Beltrani, Leonardo Bocci, Miriam Campione, Giordana Ceccarelli, Emanuele Izzo, Gaia Occhinero, Pablo Roca Rey, Carolina Sammarone, Azzura Usai, Asia Vaudo
musica, voci, danza di Giordana Ceccarelli, Elia Ciricillo, Camillo Milo De Felice, Leo Lazzaro, Daniele Lucarini, Pino Potenziani, Mario Puorro, Rocco Roca Rey, Azzurra Usai, Ziyu Xie