Essenziale poetico quotidiano

Scriveva Samuel Beckett a proposito di Aspettando Godot: «Non posso spiegare le mie opere. Ciascuno deve trovare per sé cosa significano». In ideale accordo con questa affermazione, Occhisulmondo porta in scena uno spaccato di vita apparentemente banale, ma aperto a diverse possibilità di interpretazioni.

Non c’è trama, soltanto la relazione d’amore tra E ed F, nomi di personaggi cancellati e improbabili, consequenziali e diversi, coppia di intellettuali non borghesi. Una relazione squisitamente dialogica, che con questo lavoro in prima nazionale, ci porta dentro l’appartamento al terzo piano di un palazzo, in una scena di ordinaria convivenza. Al centro una moderna lampada bianca, lo spazio diventa subito familiare e caldo, nella naturalezza dei dialoghi di Daniele Aureli che non si smentisce firmando anche stavolta un’interessante, delicata e laboriosa drammaturgia. È un testo che brulica in profondità come un formicaio, abitando la scena e ricoprendo di bellezza un ambiente quotidiano casalingo lontano dalla tv e da internet, in cui si resta sospesi nella realtà su un tempo che (non) passa dietro a decisioni che non si lasciano prendere. Usciamo? Tra poco. L’attesa si consuma parlando di tutto e di niente, come da puro teatro beckettiano, persa tutta dentro alla parola e alla frase che la insegue. Un gioco di rimandi che scatena l’assurdo, il riso, la mimica frenetica, ripetuta in sequenza quando F protesta perché E gli copia le parole.

Protesta perché le parole sono importanti anche quando non si sopportano, perché spaventano. Come Sempre, come Mai. Fa male dirle come un picco allo stomaco, ci vuole pratica, ma con un esercizio mai banale, sempre fuori dai luoghi comuni. Necessarie come Scusa. Per scegliersi ancora senza scegliere altro. E parlare ancora dei cinesi che mangiano i cani, avere cura delle piccole cose, come fossero piante, guardare insieme dalla stessa parte, fosse anche un signore passare col cane, far caso ai vicini, rifargli la cravatta quando è stretta, sceglierle il vestito per la cena il giorno del suo compleanno. Quando? Tra poco in punto.

Gli attori Ciro Masella e Giulia Zeetti costruiscono sulla loro dialettica una poetica del quotidiano, creando un microcosmo umano che cerca di salvarsi dalla polvere quando piove a sciami dal piano di sopra, un mondo delle apparenze più che delle sostanze. Come le formiche, gli attori sono destinati alla sopravvivenza della specie solo se sopravvive anche il teatro di parola, dove anche l’abbraccio tra creature è possibile, quando ci si discosta dalle fila. Possiamo scegliere se essere soli o insieme, o entrambi, da quando si nasce a quando si muore. O si dorme. Senza la relazione con l’altro scopriamo la nostra infinita solitudine, dentro al letto, rimedio ineluttabile dell’esistenza in cui lui parla e lei non lo ascolta più. Alla fine della Sindrome, tra una lampada accesa e una spenta, l’insonnia non riesce a far spazio a un domani, che come Godot, non si decide ad arrivare.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno di Primavera dei teatri 2023
Teatro Sybaris
Contrada Calandrino, 14C, Castrovillari
2 giugno ore 21.00

Occhisulmondo presenta
La sindrome delle formiche
con Ciro Masella e Giulia Zeetti
regia Massimiliano Burini e Daniele Aureli
drammaturgia Daniele Aureli
dramaturg Giusi De Santis
disegno luci Massimiliano Burini
assistenza alla regia e producer Matteo Svolacchia
mondi sonori Gianfranco De Franco
produzione Caracò
con il sostegno di Spazio MAI Perugia
disegno locandina Francesco Capocci