La scintilla sacra nell’inferno della miseria

Recensione L’albergo dei poveri. Appellandosi alla storica messa in scena di Giorgio Strehler del 1947, Massimo Popolizio porta al Teatro Argentina L’albergo dei poveri di Maksim Gor’kij.

Nella fase d’oro della tradizione letteraria russa, che ha segnato il XIX secolo e il passaggio al XX secolo, Maksim Gor’kij ricopre un ruolo essenziale anche e soprattutto per comprendere nel profondo le rivoluzioni sociali che avrebbero condotto all’instaurazione del nuovo ordine. Personaggio avvezzo alla misera e cresciuto nell’indigenza, Gor’kij, nella sua produzione letteraria e soprattutto in quella teatrale, seppe farsi ponte tra la dannazione spiritualistica di Dostoevskij e il didascalismo rivoluzionario di Brecht, diventando il primo degli autori del “realismo socialista” seppur ante litteram. Come per tutti i grandi artisti della terra russa, dimensione sociale e dimensione religiosa si confondono, dal momento che il sacro si rivela nelle viscere dei sobborghi delle metropoli moderne ed emerge ancora più potentemente nei gesti e nei comportamenti di quelli che moralisticamente vengono appellati come “senza dio” – che erano coloro a cui il Cristo, d’altronde, rivolgeva la sua parola e il suo messaggio.

Massimo Popolizio porta una sua versione di questo classico della drammaturgia russa, recuperando la soluzione strehleriana della messa in scena – oltre a confermarne il titolo con cui il maestro intese portarlo in scena nel 1947, all’inaugurazione storica del Piccolo Teatro di Milano, ovvero L’albergo dei poveri, una delle tante titolazioni attribuite all’opera, originariamente chiamata I bassifondi. L’essenzialismo scenico di Strehler, così straniante e paradossale nelle messe in scena shakespeariane, anche quando la scenografia avrebbe dovuto alludere a palazzi reali e ambienti epici, è quanto di più appropriato quando ci si inoltra nella miseria degli ultimi della terra, nella sporcizia di un appartamento affollato di derelitti, prostitute, alcolizzati, malati. Fare appello al maestro del “teatro di regia” da parte di Popolizio è il metodo più efficace per restituire al classico di Gor’kij tutta la sua “eterna attualità”, esattamente come era stato nel mondo spaccato dalla guerra fredda.

L’interprete e regista genovese riesce ottimamente nel doppio ruolo: la regia è ben ponderata perché capace di sfruttare a pieno tutto lo spazio in profondità del palco, necessario per orchestrare i tanti personaggi che delineano un affresco composito e articolato del “mondo degli inferi”. In poco più di un’ora e mezza di spettacolo, la magia di Gor’kij e quella di Popolizio riescono ad attribuire una dimensione esistenziale se non persino psicologica ad almeno una dozzina di personaggi, al punto di concedere allo spettatore la sensazione di conoscerli da sempre. Complice un generale livello di recitazione straordinario, nonché lo studio della luce che riesce a scolpire gli spazi attribuendo in maniera alternativa dimensioni di senso multiple: dal grottesco al drammatico, dal sarcastico al tragico, dalla devozione religiosa al più spietato impulso nichilista.

A farsi elemento magnetico in grado di ordinare gli eventi, il personaggio del “pellegrino” interpretato dallo stesso Popolizio, che spicca su tutti per carisma e per profondità: un personaggio “cristico” come nella più nobile tradizione dostoevskijana, per questo al di là delle abituali categorie morali. Devoto senza essere un predicatore, il pellegrino riesce a restituire all’essere umano il suo profondo senso di dignità e di amore incondizionato, a costo di sacrificare la “verità” perché l’amore per l’essere umano e la carità nei suoi confronti, nonché la partecipazione del dolore altrui, valgono più di mille verità teologiche o scientifiche che siano.

Lo spettacolo continua
Teatro Argentina
Largo di Torre Argentina, 52 (Roma)
dal 9 febbraio al 3 marzo 2024
martedì, giovedì e venerdì ore 20.00
mercoledì e sabato ore 19.00
giovedì 15 febbraio e domenica ore 17.00
lunedì riposo
durata 1 ora e 40′ senza intervallo

L’albergo dei poveri
di Massimo Popolizio
dall’opera di Maksim Gor’kij
riduzione teatrale Emanuele Trevi
con Massimo Popolizio, Sandra Toffolatti, Raffaele Esposito, Michele Nani, Giovanni Battaglia, Aldo Ottobrino, Giampiero Cicciò, Francesco Giordano, Martin Chishimba, Silvia Pietta, Gabriele Brunelli, Diamara Ferrero, Marco Mavaracchio, Luca Carbone, Carolina Ellero, Zoe Zolferino