L’immagine dialettica

Il terzo appuntamento delle Colline Torinesi, nonché l’ultima creazione della compagnia Sotterraneo, L’angelo della storia, propone un’ulteriore investigazione sul concetto di reale, analizzando questa volta le idee di realtà come racconto e di racconto come modello di realtà utile a sopravvivere, concentrando in una costellazione di aneddoti storici un’intera contromemoria genealogica dove il sapere non serve più a comprendere, bensì a prendere posizione.

Il noto filosofo Walter Benjamin, col suo marxismo riletto attraverso suggestioni ebraiche e la sua cifra stilistica frammentaria (per riproporre il frammento come carattere specifico della modernità), scardina nelle sue Tesi di filosofia della storia la concezione progressista della storia, erede della visione cristiano-paolina di un tempo lineare e cronologico. Partendo dall’immaginifico Angelus Novus di Paul Klee, Benjamin ci pone davanti alle mute macerie della storia osservate da un angelo sgomento il quale, sospinto verso il futuro, vola con lo sguardo rivolto al passato. Qui, l’unica redenzione possibile è quella offerta dalla memoria: solo serbando il ricordo delle vittime, e perciò testimoniando della loro dipartita, dell’insensatezza della loro sconfitta e delle loro sofferenze, si può interrompere il giogo del «tempo mitico» dei vincitori, ovvero la visione della Storia ufficiale che resta ancora all’ipotetico e incontrovertibile «dato di fatto» escludendo l’ambito delle «possibilità non date». Il fulcro essenziale delle sue tesi, dunque, è l’inversione del tradizionale rapporto tra passato e presente: se solitamente abbiamo sempre concepito il presente come la risultante di un flusso di eventi che proviene dal passato, Benjamin concepisce il passato come l’altra faccia del presente, derivante e prodotto da esso. È il presente che genera dal suo interno il proprio passato, e il passato non può sussistere indipendentemente da un presente che lo testimonia e lo redime.

Per invertire questo rapporto così dominante, dunque, il filosofo deve farsi «pescatore di perle», concentrandosi su ciò che gli accademismi ufficiali e la Storia dei vincitori hanno sempre tentato di marginalizzare e relegare all’angolo. Ed è proprio questo che fanno (riuscendoci) i Sotterraneo nella loro ultima fatica, L’angelo della storia. Convinti del fatto che la scena sia «un luogo di cittadinanza» in cui allenare «la coscienza critica del pubblico», i pluripremiati interpreti della compagnia fiorentina reperiscono le singolarità degli avvenimenti al di fuori di ogni finalità monotona e li spiano dove meno li si aspetta e «in ciò che passa per non aver storia» (i sentimenti, l’amore, la coscienza, gli istinti), evitando di tracciare la curva lenta d’una evoluzione bensì ritrovando le diverse scene in cui questi avvenimenti hanno giocato ruoli diversi.

Attraverso un linguaggio teatrale fatto di simultaneità e ingegnosità, i cinque interpreti di Sotterraneo mettono in scena una vera e propria «mappa del paradosso», trasportando un pubblico rapito ed estatico in una corsa a perdifiato lungo i meandri di una Storia che spazzolano convintamente contropelo: passiamo infatti dalle cavernosità proto-artistiche del 10.000 A.C. al genetismo post-naturale fosforescente del 2000, dall’autoimmolante nazionalismo giapponese del 1970 all’isterismo coreutico di una Strasburgo del 1518, aprendo e mai chiudendo delle «crepe nel cervello» che mettono in discussione i modelli di realtà assunti di volta in volta dai nostri compagni di specie sapiens.

Traducendo in gesto scenico un pensiero filosofico invero complesso, con L’angelo della storia i Sotterraneo riescono a immaginare e ad agire un rapporto soggetto-storia aperto e problematizzante, che non si risolve in una passiva accettazione del dato ma che, creando quelle che Benjamin chiama «immagini dialettiche», riesce a rivelare i processi che li hanno determinati, le loro intenzionalità profonde, i loro valori allegorici e le opportunità che da esse sprigionano. Come sostiene lo stesso filosofo nei Passages, infatti: «non è che il passato getti la sua luce sul presente o il presente la sua luce sul passato, ma immagine è ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’ora in una costellazione. In altre parole: immagine è dialettica nell’immobilità. Poiché, mentre la relazione del presente con il passato è puramente temporale, continua, la relazione tra ciò che è stato e l’ora è dialettica: non è un decorso ma un’immagine discontinua, a salti. – Solo le immagini dialettiche sono autentiche immagini (cioè non arcaiche); e il luogo, in cui le si incontra, è il linguaggio» e, qualche volta, anche il teatro.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno del Festival delle Colline Torinesi 27
Teatro Astra
via Rosolino Pilo 6 – Torino
venerdì 14 ottobre 2022, ore 21:00
sabato 15 ottobre 2022, ore 19:00

la Fondazione TPE presenta
L’angelo della storia
di Sotterraneo

creazione Sotterraneo
ideazione e regia Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Daniele Villa
in scena Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati, Giulio Santolini
scrittura Daniele Villa
luci Marco Santambrogio
costumi Ettore Lombardi
suoni Simone Arganini
montaggio danze Giulio Santolini
produzione Sotterraneo
coproduzione Marche Teatro, Associazione Teatrale Pistoiese, CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, Teatro Nacional D. Maria II
contributo Centrale Fies, La Corte Ospitale, Armunia
col supporto di Mic, Regione Toscana, Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze
residenze artistiche Centrale Fies_art work space, La Corte Ospitale, Dialoghi – Residenze delle arti performative a Villa Manin, Armunia, Elsinor/Teatro Cantiere Florida, Associazione Teatrale Pistoiese
Sotterraneo fa parte del progetto Fies Factory, è residente presso Associazione Teatrale Pistoiese ed è artista associato al Piccolo Teatro di Milano