Due monologhi per un weekend, ovvero l’arte del raccontare

Il monologo L’ultima eredità di e con Oscar De Summa, messo in scena al Teatro San Girolamo di Lucca in occasione della rassegna Lucca Visioni, riporta al centro della città il teatro contemporaneo.

Si racconta di viaggi, di luoghi noti e altri mitizzati che risultano sempre più belli e interessanti di quelli nei quali si sta vivendo. Spazi sicuri, ove si cerca quella tranquillità legata alla conoscenza profonda del luogo – anche se frequentato saltuariamente. Ci si muove in modo abitudinario e, per consuetudine, i gesti si ripetono e tramandano anche in assenza di una logica precisa (forse in attesa di una nuova partenza).

Salire su un treno può riportarci, nonostante il trascorrere del tempo, indietro: alla nostra infanzia e gioventù. Un non luogo più della mente (ricordo e/o emozione) che fisico, ove avevamo i nostri miti e modelli che, però, sembrano tali solo ora che qualcosa sta giungendo alla fine. “Non volevo rispondere alla chiamata, non volevo sentire mia madre e i suoi rimbrotti ma se sono qui, a osservare campagne e colline, case e alberi che scorrono dal finestrino, significa che alla fine mi sono arreso alla chiamata”, pare dire De Summa. La notizia è quella da lungo tempo attesa eppure, stranamente, coglie impreparati: il confronto con la morte, con quell’istante che impedirà per sempre qualsiasi rapporto, spiegazione, scambio. Un distacco doloroso quanto un urlo – o le note di una canzone – per liberarsi di una vita compressa, amata o detestata, comunque condivisa – con la certezza che non si riproporrà in futuro.

Riti che si ripetono, mani abituate alla bisogna che li compiono sotto i nostri occhi svelando la nostra impotenza, gesti precisi e quasi meccanici ma non per questo meno dolorosi. È il momento dell’irrazionalità: si percepisce che questa è la soluzione migliore, per tutti, che era inevitabile, ma questo non ci toglie quel senso di nostalgia e impotenza nei confronti della perdita.

I ricordi scorrono come un fiume così come i rimpianti ma i vivi hanno la necessità di continuare a vivere (e non è una tautologia). Saremo forse più soli nel prosieguo del viaggio – che non è altro che la ricerca di un senso da dare a questa nostra esistenza.

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A Cascina, prosegue l’ultima (purtroppo) Stagione firmata da Luca Marengo. La Città del Teatro mette in scena Una notte sbagliata, di e con Marco Baliani per la regia di Maria Maglietta. Si prova un senso di vuoto, manca qualcosa: la macchina teatrale continua a girare pur nell’assenza di chi l’ha ideata, costruita e amata.

Musica, scenografia, luci: ci immergiamo nella periferia di una qualunque città italiana. Le immagini che appaiono sui pannelli rimandano ai topoi della narrazione ma, esteticamente, ai murales che colorano il cemento armato di fabbriche abbandonate e casermoni popolari.

Un Baliani dai diversi ritmi e toni, impersona e racconta, accompagnato dall’invisibile e fedele cane. Due vite parallele che il tempo unirà e dividerà per sempre. Un uomo malato e schivo, riottoso al contatto fisico, che trascorre gran parte del suo tempo in quel luogo, uno spelacchiato giardinetto pubblico, a lui familiare e del quale conosce ogni anfratto. E un poliziotto, imbruttito da una giornata storta, che farebbe meglio a tornarsene a casa finito il proprio turno.

Nell’immobilità apparente delle giornate e delle serate sempre uguali, il potere del più forte irrompe e prende il sopravvento per cambiare per sempre le loro esistenze. Una voce prevaricatrice e inquisitoria si manifesta all’improvviso: cancella ogni precedente gesto amicale, si fa largo per un confronto finalmente vincente. Basta un gesto sbagliato, magari automatico, di autodifesa, per scatenare una reazione sempre più violenta, mentre l’adrenalina pompa amarezze dalle radici profonde.

Ciò che, però, colpisce è soprattutto la marginalità di quelle vite che, ormai, non fanno quasi più parte della nostra società dei consumi. Chi vive nelle periferie abbandonate, al limitare di fabbriche ormai chiuse e sventrate, di quella archeologia industriale che rimanda a un lavoro che possedeva in sé una propria dignità, che una classe sociale rivendicava come appartenenza, oggi è ridotto al termine “sballato”.

L’esercizio della violenza da parte del potere lascia sempre a terra le sue vittime. La necessità di trovare una giustificazione a quella ferocia, accompagnata dal lamento del cane fedele in lontananza o dal grido dell’uccello notturno, che sta volando sopra il pestaggio, è superflua – il potere non ha bisogno di giustificazioni. La fine perfetta dell’ordinaria follia umana è all’obitorio, dove il riconoscimento si tinge dei colori della Pietà. Applauso.

Purtroppo lo spettacolo non finisce qui. Inizia un dibattito con domande pre-registrate e risposte preparate a tavolino: la dimensione metateatrale però non vola, stride dopo l’accorata narrazione e si avverte la sua non autenticità. Del resto, il potere – di qualsiasi forma si sia ammantato – nei millenni ha sempre avuto bisogno delle sue vittime per poter prosperare e continuare quella rapina, in termini di risorse umane e materiali, che ha lasciato le classi subalterne per sempre vittime in ogni angolo del globo.

Lo spettacolo è andato in scena nell’ambito di Lucca Visioni:
Teatro San Girolamo
via San Girolamo – Lucca
venerdì 25 novembre 2022, ore 21.00
L’ultima eredità
di e con Oscar De Summa
progetto luci Matteo Gozzi
ambiente sonoro e arrangiamenti Matteo Gozzi e Oscar De Summa
produzione La Corte Ospitale

Lo spettacolo è andato in scena:
La Città del Teatro
via Tosco Romagnola, 656 – Cascina (PI)
sabato 26 novembre 2022, ore 21.00
Una notte sbagliata
di e con Marco Baliani
regia Maria Maglietta
scene, luci, video Lucio Diana
paesaggi sonori Mirto Baliani
costumi Stefania Cempini
disegni Marco Baliani
direttore di produzione Marta Morico
organizzazione, distribuzione Alessandro Gaggiotti
distribuzione Ilenia Carrone
assistente di produzione Claudia Meloncelli
direzione tecnica allestimento Mauro Marasà e Roberto Bivona
direttore di scena Cosimo Maggini / Jacopo Pace
audio e video Federico Occhiodoro
comunicazione, ufficio stampa Beatrice Giongo
grafica esecutiva Fabio Leone

foto di scena Marco Parollo