La danza post-coloniale

Prosegue la kermesse del Torinodanza Festival 2021, questa volta con una performance rivolta a un pubblico più giovane ma non meno influenzato dagli effetti dei trascorsi imperialisti di un’Europa dalla memoria corta e dal vizio apparentemente insanabile, ancora oggi.

Non è raro, nella rappresentazione odierna che si fa della Prima Guerra Mondiale, trovare immagini di prosperità e spensieratezza riferite al periodo subito precedente il conflitto che si lascerà alle spalle otto milioni di morti e ventidue milioni di feriti. Raro, invece, è sfatare questo mito narrativo europeista e riportare a galla tutti i retroscena imperialisti che, col beneplacito della maggior parte della popolazione, difendevano una «gerarchia razziale costruita intorno a un progetto comune di espansione territoriale», portando il vecchio continente alla deriva autoritaria e xenofoba che ha segnato e segna tutt’ora la storia dell’Occidente, come precisa lo scrittore e saggista indiano Pankaj Mishra in un suo recente articolo.

Altrettanto raro, poi, è ritrovare una denuncia di questi -apparentemente sdoganati- crimini contro l’umanità all’interno di un mezzo evocativo quale è la danza contemporanea indirizzata a bambini «dai sette anni in su». Traducendo il suo ultimo solo, Xenos, in un prodotto di più facile fruizione per un pubblico meno adulto, dal 2020 la Akram Khan Company (fondata dall’omonimo e celebre danzatore/coreografo nel 2000) ne porta sui palchi una versione child-friendly ri-immaginata anche grazie alla collaborazione con la regista Sue Buckmaster, direttrice artistica della compagnia di teatro sperimentale per bambini Theatre-Rites.

Con Chotto Xenos, dunque, il duo Khan/Buckmaster intende reindirizzare l’abile storytelling della pièce -reo dell’ottenimento di un Premio Lawrence Olivier 2019 per l’eccellenza nella danza da parte della compagnia- in un racconto più intimo ed epico degli orrori della guerra visti in un’ottica intersezionale. Tramite i corpi di Nicolas Ricchini e di Kennedy Junior Muntanga, che si alternano nell’assolo in doppio appuntamento ogni giorno, il sogno traumatizzato di un soldato coloniale si impossessa a suon di astrazioni e metafore di un palcoscenico rarefatto, dove l’uso intelligente di proiezioni e sovraimpressioni grafiche ingigantisce l’esperienza del singolo, rendendola monito per tutti e tutte.

Dal dono prometeico del fuoco all’invenzione della “arte della guerra”, passando per tutta un’evoluzione cognitiva del conflitto che si impossessa di un corpo primordiale, costringendone i movimenti in gesti marziali via via sempre più disumanizzanti, Chotto Xenos segue una traiettoria semplice ed efficace per descrivere a un pubblico presumibilmente meno avvezzo alla codificazione performativa del linguaggio tipica della danza, la facilità con cui si diventa carne da cannone per il mattatoio ora europeo, ora mondiale. Stretto tra le fauci di questa prima guerra di massa, il soldato a volte goffo a volte tremendamente serio solca il terreno a lui sconosciuto dello scontro bellico arato dalle bombe e non dagli strumenti di lavoro che questo giovane africano, indiano, arabo, cinese o vietnamita che fosse imbracciava a casa propria, eterno straniero, ξένος, agli occhi delle forze imperiali che gestiscono la scacchiera del dominio bianco.

Nonostante alcune lungaggini dettate forse dalla necessità di sottostare a un formato spettacolare che continua a incitare all’adorazione del giro d’orologio per raggiungere lo status di opera degna di tale nome, Chotto Xenos si propone come un ottimo tentativo di presentare con onestà e delicatezza una realtà spesso tenuta fuori dalle velleità pedagogiche della scuola contemporanea, soprattutto italiana, introducendo così una sana dose di criticità nei confronti di un passato troppo spesso e troppo volentieri “smacchiato” dal volto colonialista e razzista di un’Europa che, a giudicare dal secolo appena passato, a quanto pare è piuttosto recidiva.

Al levarsi del sipario, le due bambine che, all’inizio dello spettacolo, avevano accolto il buio in sala con uno spontaneo “Mamma, ho paura!”, sono state tra le prime ad applaudire con mani e piedi l’interpretazione di Kennedy Junior Muntanga, «un animale danzante legato al suono di un richiamo» che, forse, rimarrà impresso a lungo nella loro memoria di futuri adulti, si spera, più umani, più solidali, più consapevoli.

Lo spettacolo è ancora in scena all’interno di Torinodanza Festival 2021
Casa del Teatro Ragazzi e Giovani
Corso Galileo Ferraris 266/C – Torino
dal 16 al 17 ottobre
sabato ore 16:30 e 20:45
domenica ore 15:00 e 18:00

Akram Khan Company presenta
Chotto Xenos
coreografia Akram Khan

direzione Sue Buckmaster
danzatori Nicolas Ricchini, Kennedy Junior Muntanga
scena Ingrid Hu
luci Guy Hoare
costumi Kimie Nakano
musica Domenico Angarano, ispirato alla partitura di XENOS
di Vincenzo Lamagna
film & proiezione Lucy Cash
assistente coreografo Nicola Monaco
DanceEast Ipswich, The Point Eastleigh, Stratford Circus Arts Centre, Theìâtre de la Ville – Paris
Lo spettacolo è realizzato in collaborazione con la Fondazione Casa del Teatro ragazzi e giovani onlus