Danza del corpo diviso

All’interno di Voices From Spain, Orbita | Spellbound (Centro Nazionale di Produzione della Danza), presenta due lavori rispettivamente di Lorena Nogal e Elias Aguirre.

Al Palladium di Roma, il 17 e il 18 ottobre 2023 sono le date che Orbita | Spellbound dedica alla danza internazionale. Quest’anno il focus è dedicato alla scena spagnola con Voices From Spain. L’attenzione di Persinsala si concentra su El elogio de la fisura, lavoro di Lorena Nogal, e su Aurunca di Elías Aguirre. In entrambi i lavori, i corpi entrano in scena sottratti alla pienezza dell’essere, per “essere” nella differenza da sé stessi, cioè nello scarto, nel resto, nella scoria. Il movimento è spezzato, triturato, a dispetto del suono che dovrebbe guidarlo seguendo il corso della propria armonia. Se fuori di sé lo spartito è musicale, i corpi, dentro, sembrano inseguire non la pienezza, ma la propria divisa identità, che non assurge mai a forma, ma a frammento che segue a frammento, come se il corpo fosse fatto di pixel, e il movimento un vuoto a perdere. Parola e senso si separano, con i corpi a tagliarsi nella linea di frattura.

È l’elogio della “fisura”, appunto, della scissura, della divisione. Se l’ontologia che ci sostiene – sembra affermare Lorena Nogal – è imposta come metafisica della presenza in una determinazione temporale finita, il danzatore racchiude il tempo nel proprio corpo come ne fosse reciso. Corpo e tempo rinunciano alla “festa di matrimonio”, nell’assenza della quale si esalta lo spasmo, la contrazione, la separazione, la differenza. Da cosa? Da sé stessi, prima di tutto, e dal tempo che vorrebbe fornirne un sereno dispiegamento. Non c’è “tempo” (di danzare, di esprimersi, di dare spettacolo), ma solo di giocare il corpo nei morsi alla propria carne, e al fuoco dell’azione, mai disteso, sempre in sottrazione. L’arte nel moderno non ha più fiducia in sé stessa; si accontenta di balbettare, di stare nella differenza tra il corpo contratto e una musica che invita e respinge nello stesso “tempo”.

Se l’identità non è qualcosa di dato, questa rinuncia a ordinarsi, accettando piuttosto una dinamica differenziale con qualunque cosa l’artista tocchi, accarezzi, scopra, seduca. Nessuna configurazione stabile può apparire se non polvere di dissoluzione. La morte stessa, come nel lavoro di Elias Aguirre, si cerca nei “non luoghi”, quei luoghi cioè di passaggio, oppure abbandonati (la stazione di Aurunca), scontata l’aporia che il passaggio è appunto abbandono (del senso, dell’arrivo a una destinazione, di un traguardo). La meta non è scoprire alcunché, ma ritorno sempre allo stesso punto di inciampo, lì dove non avviene niente, se non una promessa tradita. La trasformazione “minotaurica”. disegnata da Elias Aguirre nel finale, svela un labirinto che è lo stesso angusto ambiente domestico, dove il mostro-uomo non ha spazio di corsa; al contrario, è agito da un movimento anche questo a “perdere”, perché non c’è nessun corpo “altro” offerto al sacrificio, il quale può soddisfarsi solo della propria carne. Il primo “non luogo” è il corpo stesso del danzatore. La morte non viene da fuori come un accidente, ma è il premio del concorso, in cui viaggiare e morire divengono la stessa cosa.

Se Lorena Nogal si affida semplicemente al proprio corpo e a un suono a cui si oppone, Elias Aguirre circonda la performance da una cornice esplicativa e tecnica più complessa da gestire, rischiando di appesantire la fluidità scenica, tra luci, suoni, narrazioni, trasformazioni. In ogni caso, queste scene iberiche ci offrono due suggestioni “spezzate” di ciò che dovrebbe essere pienezza, rivelandosi piuttosto un mosaico di movimenti mai teleologici, mai rivolti a un effetto che non sia l’urgenza di un momento che succede a un altro senza legarvisi, senza ambire a un’unione, ma solo a una successione distratta. La danza vibra tra lo statico e il dinamico nelle interruzioni (di tempo, di spazio), lì cioè dove accade qualcosa degno di essere danzato, e che questi coreografi hanno saputo catturare sotto il caldo sole di Spagna.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno della rassegna Voices From Spain
Teatro Palladium
Piazza Bartolomeo Romano, 8
17 ottobre 2023 – ore 20.30

El elogio de la fisura
ideazione e coreografia Lorena Nogal
con Lorena Nogal
drammaturgia musicale Marcos Morau
visione esterna Álvaro Esteban
costumi Marlota e Steve Mono
Durata 15′

Aurunca
di e con Elías Aguirre
consulente drammaturgico Francisco Javier Suarez Lema
light designer Sergio G. Domínguez
assistente alla coreografia Ruth Muelas
musiche Jorge da Rocha
video Rober Gimbel
consulenza manipolazione oggetti Zero en Conducta
graphic design Ramseh Beogram
costumi Marisa Maggi
scene Juanjo de la Fuente
produzione Mayda Islas / SNEO
durata 30′