La vita e il tempo nell’arte del Poeta

Recensione Le quattro stagioni. Adagiandosi più sul versante della tradizione che su quello della contemporaneità, Le quattro stagioni di Balletto del Sud portano sul palco del Teatro Grande de La Versiliana un bell’esempio di intrattenimento colto.

Le poesie del Pulitzer Wystan Hugh Auden, la più celebre delle composizione di Antonio Vivaldi, gli stralci sonori da Seasons di John Cage, la monumentale scenografia di Isabella Ducrot e la tessitura di Fredy Franzutti a far convergere stilemi e partiture differenti: in sintesi, è questo il nucleo estetico-performativo da cui nasce e che esprime la creazione firmata Balletto del Sud, una composizione dove musica, danza e recitazione si ricompongono rileggendo Le quattro stagioni alla luce del parallelismo tra stati dell’animo e tempo oggettivo.

La Primavera, stagione dell’amore, l’Estate, dell’apatia, l’Autunno, dell’ansia, l’Inverno, della morte o del cambiamento. Dunque, creazione e conservazione, crisi e rinascita: l’umano e la natura sono l’uno allegoria dell’altro, co-abitano un reciproco rapporto spazio-temporale e Auden usa la propria poesia per farsi assoluto. Metafora di un ciclo cosmico che travolge e non risparmia niente e nessuno, l’alternarsi delle stagioni (si) esprime (in) una vera e propria oscillante ondata emotivo-esistenziale: se l’esaltazione giovanile è una danza fiorita (The Truth About Love) che sfocia in un amore impossibile (The Sea and the Mirror), ecco che la scoperta della mercificazione della cultura contemporanea e della deriva muscolare della società scatena delusione (Minnie and Mickey Mouse) e critica (Swimming champions). Non mancano episodi squisitamente biografici come il matrimonio con cui Auden permise alla figlia ebrea di Thomas di espatriare dal Terzo Reich (Erika Mann) e l’elogio per l’amore e il tempo perduto (Johnny), prima della toccante Funeral Blues, durante la quale si ascolta direttamente dalla sua voce registrata. In medias res, le gestualità si fanno a volte retoriche (Stars and Stripes) e in altri ironiche (Goodbye to the Mezzogiorno), a volte riflessive (The Unknown Citizen) e in altre più esplosive (il finale in bianco).

Semplice nel concepimento, il progetto si struttura in sequenza recitate e quadri coreografici ed è complessivamente suggestivo nella sua realizzazione. Franzutti disegna linee corali e individuali per un lavoro tersicoreo di ensemble, duetti e assoli improntato su una tecnica tinteggiata di moderna drammaticità forse non particolarmente innovativa, ma i bei costumi e le capacità interpretative di diversi performer (un po’ meno quelle di un monotòno Sirianni) restituiscono una piacevole sensazione di spumeggiante armonia e fluidità, mentre la sinergia tra la straordinaria musica del compositore veneziano (purtroppo registrata) e i versi di Auden esalta l’accompagnamento dei danzatori, risultato efficace nonostante alcune disomogeneità.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro grande – La Versiliana
Viale Morin n. 16
Marina di Pietrasanta, Lucca 55045

Le quattro stagioni
performance di teatro, musica e danza
coreografie di Fredy Franzutti
musica di Antonio Vivaldi e John Cage
scene di Isabella Ducrot
poesie di Wystan Hugh Auden
attore Andrea Sirianni
durata 90 minuti

SPRING: the love period
The Truth About Love
The Sea and the Mirror
The street of New York
I believed for years that Love was…

SUMMER: state of apathy
Swimming champions
Minnie and Mickey Mouse
Goodbye to the Mezzogiorno
The brothers of Ischia

AUTUMN: the age of anxiety
Another time
The Unknown Citizen
Erika Mann
September 1, 1939
Stars and Stripes

WINTER: frozen age
As I walked out one evening
Johnny
Funeral Blues