Ritratti d’Autore

Dal 5 al 9 giugno 2023 a Friburgo si è svolta la prima edizione del festival teatrale in lingua italiana I libri sulla scena, prodotto e organizzato dal centro di produzione teatrale Teatro de Gli Incamminati. Il progetto è stato presentato dal Collège de Gambach (FR) come ente capofila, e ha coinvolto il Collège St. Michel (FR), il Collège du Sud (FR) di Bulle, il Gymnase Intercantonal De La Broye (VD) e la Società Dante Alighieri di Friburgo.
Il Festival è stata un’occasione importante perché non solo è partito da un innovativo progetto pedagogico, che ha visto coinvolti studenti delle scuole secondarie nell’apprendimento della lingua italiana attraverso la sua letteratura, ma poi è riuscito a coinvolgere tutta la cittadinanza. Un esempio virtuoso e intelligente di come il teatro, in questo caso nella sua declinazione specifica di parola, riesca a fare comunità e a costruire ponti culturali e intergenerazionali.

Abbiamo discusso con il direttore artistico Paolo Bignamini sulle origini, e contenuti del festival, nonché sulle collaborazioni in atto e le direzioni future.

Quando un festival nasce, la prima domanda è d’obbligo: quando, dove e per merito di chi nasce l’idea di I libri sulla scena? Perché Friburgo?
Paolo Bignamini: «Il progetto è figlio di un lavoro condiviso svolto da me, dalla drammaturga Giulia Asselta e dell’insegnante Maria Luisa Minelli.
Nel 2022 abbiamo realizzato due letture sceniche in italiano curate dalla Società Dante Alighieri di Friburgo, ente di cui Maria Luisa è presidente. Le letture sono state apprezzate e ci siamo ripromessi di proseguire nella collaborazione. Giulia e Maria Luisa inoltre si sono laureate entrambe all’Università di Friburgo e Maria Luisa insegna al Collège de Gambach di Friburgo. Abbiamo quindi costruito l’idea del festival su un tessuto di relazioni informali già esistente che abbiamo provato a sviluppare».

Attraverso quale modalità avete scelto i titoli in programma?
PB: «Abbiamo chiesto agli insegnanti delle scuole coinvolte di indicarci i libri italiani sui quali i docenti avevano intenzione di lavorare durante l’anno. In questo modo, gli studenti avrebbero avuto una base solida di comprensione del testo per assistere alle rappresentazioni teatrali in lingua italiana. Credo si tratti di un criterio molto lineare, anche semplice, ma allo stesso tempo significativo: le scelte artistiche sono davvero al servizio delle esigenze didattiche e culturali della comunità a cui la proposta si rivolge. In questo modo, inoltre, emerge un panorama interessante della percezione della letteratura italiana all’estero, che non sempre coincide con l’idea che ne abbiamo dall’Italia. Il programma di quest’anno è stato tutto incentrato su testi moderni e contemporanei, con alcuni titoli molto noti come Novecento di Alessandro Baricco. Nel caso di altri autori, tuttavia, la scelta è caduta su romanzi più singolari, come La donna dei fiori di carta di Donato Carrisi, o su racconti un po’ meno attesi della produzione di Dino Buzzati. La biografia teatrale di Liliana Segre, infine, è la testimonianza di un interesse non solo didattico per una vicenda umana e storica che non smette di interrogare le nostre coscienze.
I due spettacoli in forma di lettura scenica sono stati presentati in prima assoluta e sono stati prodotti dal Teatro de Gli Incamminati. Per quanto riguarda le ospitalità, abbiamo invitato Margherita Mannino, con una produzione de La Piccionaia, e Corrado d’Elia, con un suo monologo ormai considerato un classico».

In che modo siete riusciti a mettere in connessione le varie scuole del territorio? Quali istituzioni sono state coinvolte e da quali avete avuto maggiore supporto? Come siete entrati in contatto con la Confederazione Svizzera?
PB: «Il merito è principalmente di Maria Luisa Minelli che, dal Collège de Gambach, ente capofila del partenariato, ha svolto un’azione capillare di coinvolgimento dei suoi colleghi docenti. Devo dire che la reazione degli insegnanti alla proposta è stata davvero entusiasta e questo ha semplificato le cose. Evidentemente il progetto ha intercettato un’esigenza.
Per quanto riguarda la rete di supporto istituzionale, va detto che il nostro è un festival alla sua prima edizione: per il momento lo abbiamo organizzato con il sostegno dell’UFC, l’Ufficio Federale della Cultura della Confederazione Svizzera, vincendo un bando per la promozione dell’italiano al di fuori della Svizzera italiana, e con il co-finanziamento del Collège de Gambach».

Può raccontarci la vostra esperienza come centro di produzione?
PB: «Il Teatro de Gli Incamminati è una realtà con un’attività molto articolata. Per quanto riguarda I libri sulla scena, il vantaggio è stato quello di poter contare su una struttura che ha consentito la produzione dedicata di due letture sceniche, oltre a beneficiare di un’esperienza consolidata nella gestione di teatri, stagioni e festival. Credo che la possibilità di dosare ospitalità e produzioni proprie sia, in prospettiva, una caratteristica importante per un festival come il nostro, perché ci consentirà di dare autonomia e identità artistica a un cartellone che non vuole essere solo una rassegna, quanto piuttosto uno strumento attivo di dialogo culturale. Mi piacerebbe che il gruppo di lavoro artistico, nato con il festival e consolidatosi durante questa esperienza, diventasse espressione di un percorso stabile e continuativo».

Come prevedete l’evolversi del festival nel futuro prossimo? Prevedete un maggiore/diverso collegamento del festival con l’Italia?
PB: «Abbiamo avuto un riscontro davvero positivo, sia per numero di spettatori che per consenso di pubblico e istituzioni. Quasi 100 presenze di media a ognuna delle cinque repliche, per un programma in italiano senza sottotitoli in un Cantone francofono e germanofono, è un risultato inaspettato e rassicurante. Vorremmo perciò che l’esperienza de I libri sulla scena proseguisse e crescesse. Ci piacerebbe salvaguardare la metodologia di scelta dei contenuti in dialogo con gli insegnanti; aumentare, anche in modo significativo, il numero di repliche; espandere il raggio d’azione territoriale alle città e ai Cantoni limitrofi; proporre gli spettacoli con sottotitolazione in francese per raggiungere un pubblico ancora maggiore. Sarebbe molto bello incrementare anche il rapporto con le compagnie italiane, magari coinvolgendo altre realtà produttive nazionali immaginando un bando ad hoc, per consentire la nascita di nuovi spettacoli la cui vita non fosse circoscritta al festival. Il tutto senza che venga meno una certa idea di teatro, alla quale teniamo, e che vede il testo e la regia al centro della creazione artistica».