Tragico contemporaneo

Al Teatro Massimo di Palermo, va in scena Romeo e Giulietta, spettacolo che, dopo il Premio Danza&Danza come Migliore produzione italiana del 2005 e la ripresa “pandemica” in versione streaming nel 2020, ritrova finalmente la presenza del pubblico.

L’opera più celebre di Sergej Prokofiev è probabilmente l’adattamento di Romeo e Giulietta dall’omonima tragedia di William Shakespeare. Come è noto, l’operazione non venne ben accolta dal realismo celebrativo sovietico e il rapporto tra il genio e i burocrati di regime fu sempre controverso, al punto che la sua prima rappresentazione in terra di Russia, dopo essere stata annullata a Mosca negli anni precedenti e aver debuttato in Cecoslovacchia nel 1938, avvenne addirittura nel 1940 al Teatro Kirov di Leningrado.

L’indipendenza artistica, la rinuncia alla retorica propagandistica, la sovrapposizione tra spiritualismo romantico ottocentesco e tradizione popolare russa fecero del compositore un audace interprete del formalismo moderno e Romeo e Giulietta rappresenta un autentico patrimonio della cultura occidentale anche per gli aneddoti politico-artistici appena rapidamente accennati, oltre che per l’ormai indiscutibile qualità operistica.

Il «riadattamento drammaturgico» di Davide Bombana risulta dunque particolarmente interessante e suscita grande curiosità. Il memorabile tema chiave, la sua incalzante ripetizione nel corso dell’opera, lo straordinario utilizzo con cui viene associato all’idea o al personaggio scenico, la poderosa struttura timbrica ricca di variazioni umorali, l’alternanza di momenti brillanti e drammatici, la gioia e l’amore che lasciano posto al dolore più straziante: l’arsenale messo a disposizione da Prokofiev è un ideale contesto di sposalizio tra la vicenda di un sogno coronato solamente nella morte e la «storia vera e tristissima dei due giovani fidanzati, Bosko e Admira, lei musulmana, lui serbo, uccisi dai cecchini a Sarajevo nel 1993 durante la guerra dei Balcani».

I Romeo e Giulietta di Sarajevo, che «mano nella mano, sfidando la morte, tentarono senza riuscirci di fuggire dalla città devastata dal conflitto etnico-confessionale e i loro corpi abbracciati rimasero insepolti per otto lunghissimi giorni», diventano nella coreografia di Bombana «spunto […] per far emergere lo smarrimento e l’impotenza verso l’incapacità degli esseri umani di superare l’intolleranza nei confronti della diversità».

Dai Montecchi e Capuleti al conflitto etnico-religioso-nazionalistico tra serbi, croati e bosgnacchi il passo però non è breve, soprattutto se l’intenzione è quella di una visione antropologica, e Bombana “complica” le cose quando dichiara di vedere «le due famiglie […] come due mondi e culture in contrapposizione, quella occidentale e quella orientale dilaniati da un odio atavico insanabile». L’interpretazione di «intolleranza che prende di volta in volta la forma di faide familiari, di lotte sociali o addirittura di conflitti etnici che nella loro follia travolgono ogni sentimento di umanità» appare semplicistica, soprattutto se riferita a un episodio che, in pieno XX secolo, ha visto la “democratica Europa” macchiarsi di genocidio e pulizia etnica – perpetuata anche attraverso la disgustosa pratica dello stupro di guerra.

La stirpe di Romeo, gli autoctoni Montecchi di Verona, e quella di Giulietta, gli immigrati Capuleti da Cremona, vengono trasfigurati nell’emblema di una partizione sociale ed etnica troppo netta rispetto alla complessità delle guerre jugoslave o poco radicale in riferimento ai giorni nostri. Che la scelta possa esser stata dettata dalla tentazione di assecondare un po’ troppo didascalicamente gli umori dell’attualità è un rischio suggerito fin dalle vestizioni dei due clan. I primi, i Montecchi, sono donne e uomini in giacca e cravatta, i loro movimenti sono spigolosi e oppositivi, portano con sé segnali di divieti d’accesso perché la loro “società amministrata” è dominata dalle prescrizioni; i secondi, i Capuleti, vestono colori gitani, la loro è l’allegria di «gente di una diversa etnia che venuta da lontano cerca integrazione in una società che li respinge e li allontana per la loro diversità religiosa e culturale». La realtà, però, è stata ed è ben più articolata e la preferenza così smaccata per una “collettività estetica”, dove basterebbe lasciare libero sfogo alle emozioni per dar forma a un idilliaco umanismo, risulta quantomeno ingenua.

Questo dogmatico schematismo, che poi incarna il bersaglio teorico di Bombana, fa il paio con il non aver portato fino in fondo alcune scelte potenzialmente estreme – come quando, mentre il «loro amore raggiunge il massimo apice», la “sola” Giulietta è in “solo” topless. L’intenzione manichea di fondo inficia altre belle intuizione, come l’innesto – drammaturgicamente inedito – di un personaggio spettrale accanto a Giulietta (l’amica che sarà l’unica a poter danzare la sconfitta degli amanti), la ricerca dell’empatia tra controparti femminili e maschili – ottenuta non facendole ballare en pointe – e la coincidenza atemporale tra inizio e fine sulla figura plastica della morte.

La volontà di un incedere e di una “continuità” artistica ed emotiva – più che filologica e razionale – conduce, infatti, all’apertura del sipario direttamente sull’epilogo, con la rappresentazione “fotografica” dei corpi di Romeo e Giulietta e il loro ammassarsi l’uno sopra l’altro accompagnati dalle musiche del Funerale di Giulietta e dallo sviluppo coreografico del “pianto all’unisono” delle madri dei due innamorati, mentre l’addio di Romeo e Giulietta verrà poi riproposto nel finale con la suggestiva e disturbante simulazione dei colpi dei cecchini da parte dell’orchestra. La chiusura ad anello restituisce in questo modo l’idea di Eniautos, vale a dire di un tempo ciclico che pericolosamente sembra tornare sempre uguale, nonostante gli apparenti mutamenti della Storia. L’operazione non è aggressiva, ma impetuosa e la scelta di strutturarsi attraverso una libera riorganizzazione dei 52 numeri che compongono il balletto risulta seducente e coerente, tanto con l’originario di Shakespeare/Prokofiev, quanto con l’attualizzazione di Bombana.

Ido Arad dirige con fermezza e precisione il percorso dell’orchestra negli ostici meandri delle partiture di Prokofiev, mentre il corpo di ballo alterna impasse a travolgenti quadri grondanti di passione e sentimento, come nel meraviglioso pas de deux della celebre scena dell’innamoramento, quando le linee di Giulietta e Romeo si sfiorano, si incrociano e si fondono in momenti di poetico stupore.

Lo spettacolo, dunque, si presenta alto nelle ambizioni, ma palesa alcune immaturità nella restituzione, almeno allo stato dell’arte. Se l’orchestra si muove efficacemente tra struggimento e rabbia, poesia e malinconia, l’utopia ipotizzata da Bombana di una società dialogante nell’incontro tra alterità si scontra invece con la stessa denuncia di una realtà lacerata da una globalizzazione più imposta che condivisa. L’esito è un allestimento che, nonostante abbia gran parte delle carte in regola per farlo, stenta a far prendere forma estetica alla complessità di questioni – quelle dell’ascolto e del contatto – che rimangono di fatto confinate sul palco.
Gli elementi ideologici portanti (il gioco/scontro tra identità e differenze, la chimera della pacificazione attraverso l’uso della forza, la tragedia dell’amore che non sempre vince sull’odio) trovano corrispettivo nelle potenzialità della coreografia, ma la sua attualizzazione sembra mancare ancora di quella “chimica” tra protagonistə che, viste le qualità individuali degli e delle artiste coinvolte, dalla fossa alla scena, l’esperienza del palco siamo sicuri non tarderà a far sorgere.

Lo spettacolo continua
Teatro Massimo
Romeo e Giulietta
dal 19 al 23 dicembre 2021

Romeo e Giulietta
balletto op. 64 dalla tragedia di Shakespeare
musica di Sergej Prokofiev
direttore Ido Arad
coreografia Davide Bombana
assistente alla coreografia Roberto Zamorano
costumi Santi Rinciari
luci Carlo Cerri
corpo di ballo e orchestra del Teatro Massimo
personaggi e interpreti
Giulietta Romina Leone (19, 21)/ Francesca Bellone (22, 23)
Romeo Andrea Mocciardini (19, 21) / Gianluca Mascia (22, 23)
Mercuzio Emilio Barone (19, 21) / Giovanni Traetto (22, 23)
Tebaldo Bryan Ramirez Hurtado (19, 21) / Vincenzo Carpino (22, 23)
Amica di Giulietta Yuriko Nishihara (19, 21) / Jessica Tranchina (22, 23)
Madre di Giulietta Daniela Filangeri
Madre di Romeo Francesca Davoli (19, 21) / Noemi Ferrante (22, 23)
Paride Vincenzo Carpino (19, 21) / Marcello Carini (22, 23)
Lorenzo Gaetano La Mantia (19, 21) / Fabio Correnti (22, 23)
Montecchi (18, 19, 21) Lucia Ermetto, Alessia Pollini, Jessica Tranchina,
Michaela Colino, Michele Morelli, Diego Mulone, Alessandro Cascioli, Vito Bortone
(22, 23) Carmen Diodato,Sabrina Montanaro, Annamaria Margozzi, Michaela Colino
Michele Morelli, Diego Millesimo, Alessandro Cascioli, Vito Bortone
Capuleti (18, 19, 21) Linda Messina, Chiara Sgnaolin, Fabio Correnti, Riccardo Riccio
(22, 23) Madoka Sasaki, Giada Scimemi, Bryan Ramirez Hurtado, Gaetano La Mantia
Labirinto Michaela Colino (18, 19, 21), Noemi Ferrante (22, 23), Yuriko Nishihara (18, 19, 21), Jessica Tranchina (22, 23), Annalisa Bardo (18, 19, 21), Daniela Filangeri (22, 23), Vincenzo Carpino (18, 19, 21), Marcello Carini (22, 23), Gaetano La Mantia (18, 19, 21), Fabio Correnti (22, 23), Annamaria Margozzi (18, 19, 21), Madoka Sasaki (22, 23), Daniele Chiodo, Linda Messina, Diego Millesimo, Benedetto Oliva, Riccardo Riccio, Giuseppe Rosignano, Giada Scimemi, Chiara Sgnaolin
durata 90 minuti