Tempo, teatro, attore

A Castello Pasquini, Armunia conclude il ciclo di seminari invernali con Il puro neutro. Per un teatro senza qualità – tenuto dal filosofo Enrico Piergiacomi, con interventi di Claudio Morganti.



Il seminario parte da due enunciati che Tarkovskij espone in Scolpire il tempo e che il regista e teorico russo intendeva riferiti al cinema. Ossia, il tempo è la materia prima del cinema e, per estensione, dell’attore – come il marmo è la materia prima dello scultore. Ed è l’artista che dà una nuova qualità al tempo.
Enrico Piergiacomi parte da queste affermazioni per applicarle all’universo teatrale, facendo prima un passo indietro per chiedersi: il tempo è o non è (non nel senso se esista o meno, ma se sia mutevole e diverso o stabile e identitario). E ancora, corporeo o incorporeo, sensibile o intellegibile, esteriore e condivisibile o interiore e proprio, finito o infinito. Domande, queste e altre, che hanno impegnato pensatori, filosofi e teologi dall’alba dei tempi (con un gioco di parole).
Passando dal pensiero dialettico-razionale a un approccio poetico, Piergiacomi cita il capolavoro di Robert Musil e traspone la molteplicità delle qualità che l’uomo di Musil potrebbe assumere su di sé al concetto di tempo, che farebbe propri entrambi i termini dicotomici (corporeo o incorporeo, mutevole o fisso, sensibile o intellegibile, di cui sopra), elevandosi a puro neutro – che riveste o ingloba tutte le forme senza essere univocamente alcuna in particolare.
Nel teatro, la dicotomia temporale tornerebbe nella differenza ontologica tra teatro e spettacolo. Ponendo che lo spettacolo abbia in sé un fattore di ripetitività, un tempo definito e scolpito, una dose di mestiere (e, quindi, di previsto o prevedibile), il teatro in cosa si differenzierebbe?

Interviene Claudio Morganti per porre l’accento sul primo respiro, sul tempo che nasce. Per lui il teatro è un generare inizi e non produrre opere. E, sulla stessa linea, Piergiacomi assegna al teatro un tempo utopico, dialettico, fluido.
Lo spettacolo sarebbe un frammento di tempo, il teatro un essere presenti a sé e agli altri – un ricomprendere in sé la totalità, l’assoluto, il qui e ora, l’immanenza e, nel contempo, la completezza. Il teatro, quindi, trasponendo il pensiero da un punto di vista psicologico, come integrità del tempo e dell’essere; forse – per Piergiacomi – addirittura un tendere al sublime. Lo spettacolo, al contrario, come una frammentazione – anche dell’io dell’attore.
Dentro alla composizione, alla griglia, possono accadere delle cose e queste, secondo Morganti, sarebbero teatro. Ma cosa sarebbero questi accadimenti? Forse delle improvvisazioni sul tema, di matrice musicale, teorizzerebbe Morganti. Eppure la dicotomia tra accadimento fuori dalla griglia dello spettacolo, inteso come teatro, e spettacolo in quanto tale (che Morganti afferma non potersi mai scindere dal teatro come l’idrogeno non può scindersi dall’ossigeno in un bicchiere d’acqua) non convince. In primis, in quanto escluderebbe l’idea che un’opera teatrale che arriva alla pancia e alla mente dello spettatore non sarebbe teatro ma semplice spettacolo, in quanto non vi sarebbe un accadimento in qualche modo originale tra gli attori. Secondo, perché continuiamo a preferire la differenza, chiara e inequivocabile, tra i due termini che propugnava Carmelo Bene: “Un teatro che non fa morti, che non sollecita crimini, delitti, sabotaggi, non può essere teatro, è spettacolo”. E, nel solco beniano, possiamo bene inserire il pensiero di Piergiacomi che pone a fondamento del fare teatro l’essere presenti a se stessi (come attori) e, aggiungeremmo, essere in grado di comunicare un qualcosa che, impercettibilmente, cambia lo spettatore (perché lo emoziona, lo aiuta a specchiarsi nella propria realtà e in quella che lo circonda, lo colpisce alla pancia, lo sollecita a pensare). Un qui e ora sempre diverso, semplicemente perché lo spettatore, il luogo e il tempo stesso (per tornare al tema del convegno) non potranno che essere diversi. Se lo spettacolo è esattamente quello che lo spettatore si attende, il teatro sorprende sempre.
Resterebbe da indagare un’ultima, interessante sollecitazione di Piergiacomi, ossia se fare teatro è un fattore vettoriale verso il sublime e l’ideale o, al contrario, verso l’umano e il materico. Se l’attesa è verso l’hegeliano o il marxiano.
Speriamo che Piergiacomi riprenda in mano il discorso in un prossimo convegno.

Il Seminario ha avuto luogo:
Castello Pasquini


Castiglioncello (LI)
sabato 6 maggio, ore 15.00

Il puro neutro. Per un teatro di qualità

tenuto da Enrico Piergiacomi (studioso e storico della filosofia antica)
organizzato da Armunia con Libero Gruppo di Studio (LGSAS)