Festival d’Avignon 2023

Uno sguardo sensibile ed ecologico

Presentata nei giorni scorsi dal nuovo direttore Tiago Rodrigues, la 77esima edizione del Festival d’Avignon brilla per la sua apertura estetica e popolare

Mercoledi 5 aprile, La Fabrica, Avignone. Tiago Rodrigues prende la parola marcando ufficialmente l’inizio di un nuovo ciclo dopo quello importante, durato otto anni, che ha visto alla guida del festival il drammaturgo e regista Olivier Py. Profondo interprete dello Zeitgeist contemporaneo, il nuovo direttore ha rivendicato l’azione collettiva di tutta l’equipe che, insieme agli altri attori culturali rendono quello di Avignone, “forse non il più importante, ma sicuramente il più bel festival di teatro del mondo”.

Una programmazione che si articola su diversi perni: apertura estetica, vulnerabilità, integrazione dell’aspetto ecologico e democratizzazione culturale. Uno sguardo nuovo si impone in questo modo ad un festival che fin dal 1947 è in grado di definire nuove coordinate culturali, di creare spazi relazionali là dove perdura un’opposizione territoriale, ribadendo costantemente l’essenziale legame tra arte e vita.

Due spettacoli apriranno la giornata inaugurale di mercoledì 5 luglio: G.R.O.O.V.E. di Bintou Dembélé, leggenda dell’hip-hop transalpino, si svilupperà come una deambulazione urbana guidando il pubblico fino all’Opéra della città dove le frontiere estetiche della danza saranno attraversate grazie alla danza dei ballerini della compagnia, mentre la serata si terminerà nella corte d’onore del Palazzo dei Papi con Welfare della direttrice del TGP di Saint-Denis, Julie Deliquet, libero adattamento dal documentario eponimo del 1973 di Frederick Wiseman sull’umanità incapsulata in un centro di aiuto sociale newyorkese. Il ciak finale verrà invece dato martedì 25 luglio, sempre all’interno del prestigioso Palazzo dei Papi, con una ripresa di uno spettacolo proprio del nuovo direttore, By Heart dieci anni dopo la sua creazione e con la dichiarata intenzione di integrare nella pièce alcuni spettatori.

Tra questi due estremi prenderanno vita altri 41 spettacoli, alcuni dei quali incentrati sulla musica e ai rapporti che la legano al teatro, a cominciare dalla Trilogie 72 – in coproduzione con Le Printemps de Bourges – che celebrerà tre album storici del rock in lingua inglese alla luce della lettura di alcuni prestigiosi artisti francesi: Transformer di Lou Reed secondo Silly Boy Blue, Ziggy Stardust di David Bowie immaginato da Léonie Pernet e Harvest di Neil Young rivisto dalla Maison Tellier & friends). Seguirà Inventions del duo spagnolo Mal Pelo (diretto da Maria Munon e Pep Ramis) nel quale l’universo sonoro di Johan Sebastian Bach incrocerà gli scritti di John Berger, Nick Cave e Erri de Luca, e ritroveremo Anne Teresa De Keersmaeker con una nuova creazione ispirata dalla vita del bluesman Robert Johnson.

E a proposito di danza, l’artista belga porterà ad Avignone anche il suo lavoro del 2013 En Atendant, mentre il coreografo giapponese Michikazu Matsune rifletterà sul ruolo rivoluzionario dei lavori di Martine Pisani in Kono atari no dokoka. Maud Blandel metterà invece in risonanza il fenomeno astronomico delle pulsar con la degradazione fisica e mentale del proprio padre in L’oeil nu. Altri due spettacoli completeranno il panorama danzante della 77esima edizione: The Romeo del coreografo nordamericano Trajal Harrell, ode ad un’umanità che si intestardisce a non smettere di concepire la vita come un infinito movimento coreutico, e Black Lights di Mathilde Monnier inspirato dalla serie H24 di Valérie Urrea e Nathalie Masduraud su ciò che segue, fisicamente e psichicamente, l’atto di violenza subita dalla donne.

L’apertura estetica incarnata da questa edizione rappresenta anche la ragione che sta dietro a due grandi iniziative. Innanzitutto, il ritorno dello straordinario sito della cava di Boulbon, così fortemente voluto da Peter Brook per la prima mondiale del suo Le Mahabharata durante l’edizione del 1985. Teatro minerale unico al mondo, Boulbon diventerà la cornice che accoglierà il sogno retrofuturista Le Jardin des délices di Philippe Quesne dove l’universo di Hieronymus Bosch urterà quello western e quello fantascientifico. In seconda istanza, l’integrazione del paesaggio antropico e naturale si realizzerà in due progetti nel piccolo comune di Pujaut: Que ma joie demeure di Clara Hédouin, passeggiata alla scoperta dell’opera omonima di Jean Giono che si svilupperà dall’alba a fine mattinata e Paysages partagés a cura di Caroline Barneaud e Stefan Kaegi, costellazione di sette lavori di artisti provenienti da nove Paesi che accompagneranno gli spettatori tra riflessioni filosofiche e incontri con sculture musicali, in una camminata di sette ore che terminerà ai confini della notte.

Tra gli altri comuni che accoglieranno il festival, Vedène rivesterà un ruolo importante accogliendo Neandertal di David Geselson, un’interrogazione sul futuro dell’umanità a partire dalle scoperte del Premio Nobel per la medicina Svante Pääbo, e Antigone in the Amazon nel quale l’autore Milo Rau fa collimare la mitologia greca e la lotta dei popoli dell’Amazzonia.

Il festival sarà anche l’occasione di scoprire moltissimi autrici e autori finora sconosciuti in Francia. Sarà il caso di Carolina Bianchi (con la compagnia Cara de Cavalo) con A Noiva e o Boa Noite Cinderela, lavoro durissimo sulla violenza sulle donne; del celebre regista Tim Crouch che porterà due spettacoli, An Oak Tree (lavoro sul lutto e sulla capacità metamorfica del teatro) e Truth’s a Dog Must to Kennel (riflessione intorno al Re Lear di Shakespeare); della talentuosa compagnia newyorkese Elevator Repair Service con Baldwin and Buckley at Cambridge (interrogazione sulla realtà del “sogno americano” a detrimento dei diritti della popolazione di colore); della drammaturga di origine Anishinaabe Émilie Monnet con Marguerite : le feu (sulla vita di Marguerite Duplessis, prima persona ridotta in schiavitù a pretendere dei diritti di fronte al tribulale di Montréal).

Tra gli spettacoli-performance di grande impegno, anche a livello temporale, possiamo citare Extinction, dove Julien Gosselin, insieme alla compagnia Volksbühne, farà risuonare le parole di Arthur Schnitzler e di Thomas Bernhard sullo sfondo di un mondo apocalittico; Les émigrants di Krystian Lupa dove l’autore polacco torna a confrontarsi con gli scritti di W. G. Sebald; Dispak Dispac’h di Patricia Allio sulla violenza che la necropolitica impone alle questioni migratorie e The Confessions di Alexander Zeldin dove un’intervista intima con la madre diviene l’occasione di una ricostruzione storica dell’Australia e del Regno Unito.

Moltissime saranno inoltre le iniziative che completeranno il festival, tra le quali il Café des idées al chiostro Saint-Louis, appuntamento quotidiano di dibattito culturale, le mostre alla Maison Jean Vilar (con i cliché di Christophe Raynaud de Lage sulla storia del festival) e alla Collection Lambert, il progetto Première fois che vuole essere un punto di ancoraggio dove le incertezze e la discrezione della “prima volta a Avignone” si trasformeranno in momenti di arricchimento e di mediazione oltre alle creazioni radiofoniche di France Culture.

Non passa inosservato l’aumento delle rappresentazioni e quello dei biglietti disponibili alla vendita (+12000 rispetto all’anno passato), oltre all’anticipazione di ben due mesi dell’apertura della biglietteria.

Un’edizione del festival che si annuncia come un evento necessario nel panorama culturale internazionale.