Dall’odio la speranza

Recensione Il seme della violenza – The Laramie project. Un’analisi lucida, sconcertate e mai retorica sulle origini dell’odio omofobico attraverso un fatto di cronaca di 25 anni fa, ma anche un messaggio di speranza, nonché di profonda umanità, oltre il dolore più profondo.

«Cosa c’è di speciale nell’essere gay?». Questa è una delle sconcertanti frasi che sentiamo durante lo spettacolo, detta da una delle tante persone che, ai tempi del caso Shepard, venne interpellata per scoprire di più su Laramie (cittadina del Wyoming), sui suoi abitanti e su come la pensassero rispetto alla morte di Matthew Shepard. Matthew, studente di soli 21 anni, nel 1998 venne brutalmente picchiato da due coetanei che lo lasciarono morire agonizzante legato a una staccionata. Per il solo fatto di essere omosessuale.

Questa frase, innocente a un primo ascolto, mette in moto i pensieri: cosa c’è di tanto assurdo nell’essere omosessuale? Perché si discute ancora delle preferenze sessuali personali? Perché si muore ancora di omosessualità? Viene da pensare che forse potremo finalmente evolverci da questa visione oscurantista. Tuttavia, chi l’ha pronuciata la intendeva in modo molto diverso e lo si capisce man mano che il suo contributo procede dal «cosa c’è di speciale nell’essere gay» al chiedersi perché così tanta attenzione mediatica per il solo fatto di essere stati uccisi a causa della propria «vita dissennata», quando invece la morte di un poliziotto per bene, “normale” padre di famiglia (che venne a mancare proprio negli stessi giorni di Andrew), avrebbe meritato molta più attenzione?

La storia di Andrew Shepard 25 anni fa ha commosso e smosso gli Stati Uniti e il mondo intero tanto che la compagnia newyorchese, guidata da Moisés Kaufman, scelse di trascorrere un lungo periodo tra i cittadini di Laramie proprio per raccogliere testimonianze e riflessioni e restituire un senso alla sua tragedia. Da questa esperienza è nato lo spettacolo che Bruni e Frongia hanno scelto di portare in scena all’Elfo con un cast di attori di altissimo livello: sono solo in 8 per ben sessanta personaggi diversi che, nello spazio di una palestra (luogo simbolico, dove si riuniscono le piccole comunità quando vogliono ritrovarsi e confrontarsi) danno vita a un susseguirsi di testimonianze ed emozioni eterogenee tra loro e tutte diversamente intense.

Su un doppio filo di narrazione (il punto di vista degli attori che vanno a intervistare le persone e quello degli intervistarti), commozione, disgusto, stupore, rabbia, dolore e senso di rivalsa si alternano senza soluzione di continuità e a un ritmo serrato; veniamo a conoscere, dall’esperienza di chi era vicino ad Andrew, il racconto di un ragazzo adorabile e impegnato nel sociale, ma scopriamo anche il substrato più scuro e pericoloso della comunità di Laramie, come quello di chi non lo conosceva e comunque lo giudicava con frasi come «forse se l’è meritato», «da noi queste cose non sono mai successe, cresciamo bene i nostri figli», «probabilmente avrà provocato», «i gay vanno bene finché non si dichiarano e non mi vengono a disturbare», che sono il seme della violenza verbale e psicologica da cui germoglia l’omofobia più subdola e difficile da sradicare. Con questo spettacolo assistiamo a riuscitissimo esempio di teatro civile che non ha traccia alcuna di pesantezza retorica, soprattutto grazie a una regia abilissima: da anni le produzioni dell’Elfo ci hanno abituati bene, con un approccio che mescola il mondo del teatro con un montaggio quasi cinematografico che avvince lo spettatore anche quando le tematiche rischiano di essere macigni emotivi.

I genitori di Mattew hanno dimostrato negli anni una forza che pochi avrebbero avuto, non solo dimostrando grande pietà nei confronti dei due che uccisero il figlio, “scegliendo” di non farli condannare a morte, ma anche battendosi per continuare quello che il figlio scomparso avrebbe voluto fare: lottare contro il sistema e per i diritti della comunità LGBT. Dobbiamo a lui, oltre che ai suoi genitori, se oggi in America esiste il Matthew Shepard and James Byrd, Jr. Hate Crimes Prevention Act, ovvero l’estensione della legge contro i crimini d’odio del 1969 ai delitti motivati orientamento sessuale, identità di genere o disabilità, percepita o reale, della vittima. La ripresa finale del discorso che il padre fece al funerale di Mattew ricorda di quanto sia importante restare umani anche di fronte al dolore più grande ed evitare di cadere nella dinamica della vendetta: solo così possiamo ancora avere speranza in un futuro migliore, sradicare le radici del male e ritrovare un senso all’espressione «essere umano».

Lo spettacolo continua
Teatro Elfo Puccini
Corso Buenos Aires 33
fino al 5 febbraio 2023
martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e sabato ore 20.30 – domenica ore 16.00

Il seme della violenza – The Laramie project
di Moisés Kaufman e dei membri del Tectonic Theater Project
regia Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
traduzione Emanuele Aldrovandi
con Margherita Di Rauso, Giuseppe Lanino, Edoardo Barbone/Umberto Petranca, Marta Pizzigallo, Marcela Serli, Nicola Stravalaci, Umberto Terruso, Chiara Stoppa (fino al 19/1/2023)/Francesca Turrini
luci Michele Ceglia, suono Giuseppe Marzoli
produzione Teatro dell’Elfo e Fondazione Campania dei Festival in collaborazione con Festival dei Due Mondi di Spoleto
in accordo con Arcadia & Ricono Ltd
per gentile concessione di CAA CreativeArtistsAgency
si ringrazia la Fondazione Matthew Shepard