La pazienza è la virtù dei forti

Ci siamo. Trepidanti e curiosi, seduti sulle poltroncine color carta da zucchero del nuovo auditorium del Teatro del Maggio Fiorentino, in attesa che finalmente (è proprio il caso di dirlo) si alzi il sipario su Lo sposo di tre, e marito di nessuna.

Perseveranza è la parola che mi viene in mente se penso alle traversie che questo allestimento ha dovuto subire… Nell’aprile del 2020 era stato scelto come spettacolo per inaugurare il LXXXIII Festival del Maggio, quando la pandemia arrivò a bloccare tutto e i teatri chiusero tassativamente. Poi un intero anno di stop e ora, che siamo a inizio 2022, a pochi giorni dal debutto il Covid-19 torna a ostacolare la messa in scena di questa opera buffa (l’unica) di Luigi Cherubini: le prime date annullate a causa della positività riscontrata in alcuni artisti della compagnia. Infine la conferma della prima assoluta, e il 4 febbraio è andato in scena questo piccolo capolavoro composto da «un figlio della nostra città» – come l’ha definito in conferenza stampa Alexander Pereira, sovrintendente e direttore artistico del Teatro del Maggio – nel 1783, quando Luigi Cherubini aveva solo 23 anni.

Il profumo di nuovo e del legno che riveste l’Auditorium, quasi inebria gli spettatori che si guardano attorno compiaciuti. I posti non sono tutti occupati, sarà forse a causa della concomitante terza serata del Festival di Sanremo, oppure per via del costo dei biglietti, non fruibili da tutti… Motivo in più per sentirsi fortunati a trovarsi per la prima volta in questo luogo, il nuovo Auditorium, che porta il nome di Zubin Mehta. Fresco di inaugurazione (il 21 dicembre scorso) inizialmente ha ospitato qualche bellissimo concerto, il Fidelio (ma senza buca per l’orchestra) e ora la prima opera “vera”. Il Maestro Diego Fasolis – che con questa commedia debutta a Firenze – ha diretto l’Orchestra del Maggio in versione ridotta (da Camera quindi, anziché Sinfonica come generalmente è presente nella Sala Grande) costituita essenzialmente da due oboi, due flauti, gli archi, due corni, il fagotto – per dare il colore del basso – e un fortepiano per accompagnare costantemente le complesse e variegate arie, lievi, leggere, ma che poi si fanno anche serie.

Durante tutto lo spettacolo si percepisce il frutto del lavoro svolto in sinergia fra il direttore d’orchestra (pare sempre presente alle prove) e il regista Cesare Lievi, lavoro che ha dato luogo ad una grande armonia tra azioni e musica reciprocamente potenziati. In aggiunta, l’acustica della nuova Sala è davvero strepitosa: il suono cristallino dell’orchestra arriva dritto al cuore e allo spirito ma, all’opposto, “non perdona” eventuali sbavature; le dimensioni dell’Auditorium consentono una vicinanza molto suggestiva al palco e quindi permettono di godere appieno la teatralità della scena, di cogliere qualsiasi gestualità degli interpreti, dell’espressione dei loro volti. Senza contare il poter osservare i costumi in ogni dettaglio che per questa rappresentazione è stata scelta una collocazione temporale intorno agli anni 50: completi eleganti e sobri per gli uomini, abiti più frivoli, longuette, per le interpreti femminili, agghindate con cappellini, guanti e borsette coordinate.

La scenografia – di Luigi Perego – per Lo sposo di tre, che era stata concepita per la Sala Grande, si è adattata perfettamente al palcoscenico (inferiore come dimensioni) del nuovo Auditorium. Semplice, di effetto e soprattutto funzionale, raffigura una grande parete, un muro vero e proprio, suddiviso in quattro portali concentrici i quali, per mezzo di un perno, all’occorrenza si animano aprendosi per dar luogo a cambiamenti scenici, per permettere l’entrata e l’uscita dei personaggi, o a passaggi emozionali resi ancor più d’effetto grazie alle luci disegnate da Luigi Saccomandi. In un gioco teatrale continuo, il boccascena si muove tramutando questa opera buffa in una girandola, un gioco, una giostra surreale in cui si mette in risalto la perfidia dei rapporti umani.

Con l’immagine simbolica del muro, si avvia il racconto di questa commedia farcita di equivoci, travestimenti, schermaglie amorose e interessi perseguiti da una bassa nobiltà, dove il “buffo” di turno assume le vesti di Don Pistacchio (Fabio Capitanucci, baritono), corpulento (anche se lui afferma: «son ben fatto, ben tagliato…») e sciocco barone che, dichiara allo zio Don Simone (Alessio Arduino, baritono) la sua intenzione di conseguire un matrimonio “a distanza” con la Baronessa Donna Rosa (Arianna Vendittelli, soprano) della quale possiede solamente la fotografia del volto, ma che in realtà non ha mai incontrato. Forti di ciò entrano in scena il Capitano Don Martino (Ruzil Gatin, tenore) e Donna Lisetta (Sara Blanch, soprano), due fratelli senza scrupoli in cerca di fortuna, l’uno desideroso di riconquistare l’amante di un tempo (Donna Rosa), l’altra intenzionata a prenderne il posto per realizzare un matrimonio di convenienza con l’ingenuo barone. L’inganno si rivela con l’incontro tra le due promesse spose che fanno cadere in confusione Don Pistacchio, il quale cerca consolazione in una terza donna: Bettina (Benedetta Torre, soprano) che insieme a Folletto (Giulio Mastrototaro, baritono) formano una coppia di saltimbanchi. Ma delle tre potenziali mogli alla fine il barone non riuscirà a sposarne neanche una in quanto ognuna di loro cadrà tra le braccia di un altro uomo.

Luigi Cherubini, oggi ricordato per le sue seriose opere francesi e per l’imponente musica sacra composta a Parigi nei primi decenni dell’Ottocento, non rinnegò mai la sua prima e divertentissima carriera come compositore – tra l’altro – di opere comiche “alla moda”. Prese dunque molto sul serio questa farsetta, approntando una partitura formalmente inappuntabile, strumentalmente densa e vocalmente assai impegnativa. Alcune arie potrebbero infatti trovare collocazione anche all’interno di un’opera seria, tanto suona alto il loro registro espressivo. Ed è in questi passaggi che traspare il Cherubini che conosciamo in quanto non sempre è riuscito a cogliere i tratti comici del libretto di Filippo Livigni realizzandoli invece al netto della loro ironia stilistica.

Due atti piuttosto lunghi, il primo forse più ricco di sorprese, colpi di scena e divertenti siparietti, ai quali tuttavia lo spettatore si assuefà e, giunti a oltre la metà del secondo atto, inevitabilmente si fa strada un certo calo di attenzione. Ma poi, nel gran finale, quel muro dell’apertura si spalanca completamente lasciando spazio a un cielo sereno, magrittiano se vogliamo. Attori e figuranti (tra questi particolarmente spassoso quello che indossa la testa di un cavallo) sono tutti in scena e il tableau animato stupisce per la ricchezza dei particolari, per il colpo d’occhio su tutti gli interpreti, riuniti in un’ultima straordinaria dimostrazione individuale di vocalizzi altamente virtuosistici.

Dopo il lungo scrosciare di applausi sui saluti – davvero meritati – e gli inchini, il pubblico lascia la sala con un grande senso di appagamento, desideroso di rinnovare quanto prima una simile, esaltante esperienza.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Musicale del Maggio Fiorentino
Sala Zubin Mehta
piazza Vittorio Gui, 1 – Firenze
da venerdì 4 a lunedì 7 febbraio 2022

Lo sposo di tre, e marito di nessuna
dramma giocoso per musica in due atti
di Luigi Cherubini
libretto di Filippo Livigni
musica di Luigi Cherubini
edizione critica della Internationalen Cherubini-Gesellschaft e.v. Berlin,
a cura di Helen Geyer e Elisabeth Bock
edizione N. Simrock (Anton J. Benjamin GmbH, Berlin)
rappresentante per l’Italia: Casa musicale Sonzogno di Piero Ostali
nuovo Allestimento del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
(prima rappresentazione a Firenze)
maestro concertatore e direttore Diego Fasolis
regia Cesare Lievi
scene e costumi Luigi Perego
luci Luca Saccomandi
personaggi e interpreti
Donna Lisetta, Baronessa, sorella di Don Martino Sara Blanch
Donna Rosa, Baronessa, promessa sposa di Don Pistacchio Arianna Vendittelli
Bettina, cantatrice da piazza Benedetta Torre
Don Martino, Capitano Ruzil Gatin
Don Pistacchio, Barone di Lago Secco Fabio Capitanucci
Folletto, giocatore di bussolotti, seguace di Bettina Giulio Mastrototaro
Don Simone, zio di Don Pistacchio Alessio Arduini
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
aiuto regista Mirko Rizzi
assistente scenografo Luca Filaci
figuranti speciali: Elena Barsotti, Maria Lucia Bianchi, Ermelinda Pansini, Enrica Pecchioli, Andrea Bassi, Cristiano Colangelo, Giacomo Dominici, Stefano Francasi, Francesco Grossi, Filippo Lai, Alessio Nieddu, Francesco Pacelli, Andrea Saccoman, Silvio Zanoncelli
con sopratitoli in italiano e inglese a cura di Prescott Studio, Firenze

Foto di Michele Monasta (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa del teatro Musicale del Maggio Fiorentino)