Vox populi

Inaugurata la XIX edizione della rassegna di teatro omosessuale Garofano Verde a cura di Rodolfo Di Giammarco al Teatro Belli di Roma. In apertura, Luciano Melchionna.

1934. In un capanno su una spiaggia del Connecticut, a quasi quarant’anni, il puro e duro scrittore hard-boiled, Dashiell Hammett, si gode il successo di The Thin Man (L’uomo ombra) insieme alla sua compagna Lillian Hellman. Rassomigliante in modo sbalorditivo al nostro Christian De Sica, Lily, come la chiama Hammett, è una giovane ventottenne proveniente da una famiglia borghese ebrea di New Orleans. Una ragazza minuta, algida, tratti probabilmente ereditati dai nonni tedeschi e determinata a diventare una scrittrice. Gli scarsi risultati raggiunti fino ad allora con i racconti pubblicati su alcune riviste, la inducono, però, a cambiare genere. Hammett le suggerisce di leggere un’intrigante resoconto processuale datato 1810 e incluso nel libro Bad Companion (Cattive Compagnie) di William Roughead. Le direttrici di un collegio femminile a Edimburgo sono accusate da un’alunna, Jane Cumming, di avere una “relazione irregolare”. Le accuse della ragazzina inducono la nonna, Dama Helen Cumming Gordon a ritirarla dalla scuola e, nel momento in cui la motivazione è resa pubblica, il collegio rimane privo di studenti e chiude. Le vittime, Jane Pirie e Marianne Woods denunciano la signora per calunnia, ma il tribunale, in primo grado, emette una sentenza a loro sfavore, adducendo la fiacca motivazione per cui una bambina non è in grado di inventare una simile storia. Si ricorre in appello e questa volta le due insegnati riescono a ottenere giustizia, viene assegnato loro un risarcimento ma non sappiamo di più, le fonti si esauriscono a questo punto. È già evidente, però, come l’incredibile risonanza dell’episodio, dato l’argomento, abbia travolto la vita delle donne per sempre. Lillian Hellman decide di lavorare a una riduzione teatrale. Hammett corregge le prime stesure nel capanno sulla spiaggia del Connecticut e nel 1934 va in scena The Children’s Hour (L’ora dei bambini) per 691 repliche. Subito lo sconcerto per una materia ancora tanto controversa. In molti teatri del Paese la censura impedisce la rappresentazione. Eppure il successo non soffre alcuna battuta d’arresto, è del 1936 la prima trasposizione cinematografica seguita poi dalla più celebre pellicola del 1961 firmata William Wyler con due straordinarie Audrey Hepburn e Shirley MacLaine. L’Italia ha mostrato un immediato interesse alla drammaturgia della Hellman, molto apprezzata da Fernanda Pivano. The Children’s Hour viene rappresentato per la prima volta nel 1955 al Teatro Manzoni di Milano per la regia di Giorgio De Lullo con il titolo La calunnia. All’epoca era vivo l’interesse per la letteratura americana, la quale rappresentava un Paese configurato come il prototipo della libertà, un modello autentico di democrazia, progredito e in evoluzione. Soprattutto agli occhi degli italiani, rimasti in ginocchio con la crisi del dopoguerra e ancora scossi dalla repressione dittatoriale. A distanza di anni, lo scenario di crisi e censura si ripete e torna sulle scene anche l’opera d’esordio della Hellman a inaugurare la XIX edizione della rassegna sul teatro omosessuale, Garofano Verde, ospitata dal Teatro Belli di Roma.

La forma rappresentativa scelta dal brillante regista Luciano Melchionna è quella del reading. Gli attori, o meglio le attrici più Sandro Giordano, seduti sul proscenio senza costumi, solo abiti adatti, girano le pagine del copione man mano che procedono alla pronunci-azione. L’adattamento resta molto fedele all’originale, i dialoghi hanno la coloritura perbenista tipica degli anni Cinquanta, richiamando il film di Wyler da cui l’opera trae il titolo, Quelle due, proiettato sulla parete di fondo durante tutto il corso dello spettacolo. Forse è questo l’unico limite di un allestimento altrimenti impeccabile, ossia il vago sentore di antiquato insito nel testo che non ha subìto alcuna operazione di svecchiamento. Un limite che è anche una palese critica alla ritrosia ancora in voga, a distanza di anni, nella trattazione di tematiche scabrose. Certi termini non trovano proprio espressione, condannati da allusioni moraleggianti e quindi anche più brutalmente aggressive. «Questa cosa non la capisco, non la voglio in casa mia», afferma la signora Tilford con raccapriccio. Il processo alla «peccaminosa relazione sessuale», raccontato a posteriori dagli stessi personaggi, acquista un che di surreale e non fa che aumentare lo straniamento e la critica all’ipocrisia imperante, oggi come allora. Bigotteria sublimata dalla staticità della rappresentazione, costruita fondamentalmente sulla calunnia, la parola in grado di distruggere una reputazione, altrimenti immacolata, alla prima folata di sospetto. Unico movimento, nel finale, è la protagonista Karen che se ne va, abbandona il teatro dalla porta laterale in platea. Notevole. Il cast, guidato da una convincente e commossa Carolina Crescentini, mantiene il giusto ritmo, le intonazioni e le espressioni eloquenti sono i pavimenti, i divani, le serrature dalle quali origliare, le aule svuotate, i giardini autunnali, i colpi di pistola. Essenziale il contributo dell’eclettica H.E.R., seduta in alto al centro della proiezione. A lei è affidato il commento musicale al violino, nonché la specifica delle didascalie sceniche e l’interpretazione di personaggi minori. I suoi interventi, disciplinano le emozioni intensificando la drammaticità o sgonfiando la tensione con una risata. Estremamente efficaci anche le interpretazioni di Renata Malinconico e Giorgia Trasselli, così pure Lucia Mascino, all’inizio apparentemente distaccata (nella replica sarà sostituita da Ilaria Spada). Spettacolo intenso, asciutto, essenziale, ma d’impatto che ci piacerebbe pensare inverosimile, in fondo nell’Ottocento Jane Pirie e Marianne Woods effettivamente condividevano lo stesso letto (come capitava spesso tra le loro allieve), ma che guardandoci intorno, osservando i vari tribunali in strada, mostra ancora tutta quanta la sua componente di verità.

Lo spettacolo continua:
Teatro Belli
piazza sant’Apollonia, 11/a – Roma
fino a mercoledì 13 giugno, ore 21.15
(durata 1 ora e dieci circa senza intervallo)

Quelle due ovvero “La calunnia”
di Lillian Hellman
adattamento e regia Luciano Melchionna
con Carolina Crescentini, Sandro Giordano, H.E.R., Renata Malinconico, Lucia Mascino, Paola Sambo, Giorgia Trasselli, Ilaria Spada

La rassegna continua:
Garofano Verde – Scenari di teatro omosessuale
a cura di Rodolfo Di Giammarco – XIX Edizione
fino al 1° luglio