L’inizio dell’estate e il festival di classica più importante della capitale

Il 16 e il 17 giugno, il Festival diretto da Robert McDuffie ha riproposto al pubblico romano la bravura di giovanissimi musicisti provenienti da tutto il mondo, rinnovando ancora una volta il suo prestigio e la sua importanza per la scena culturale romana.

Tra gli appuntamenti dedicati alla musica classica in scena nell’estate della Capitale, il Rome Chamber Music Festival ha ormai assunto un ruolo dominante e imprescindibile; dal 2003 il Festival, data la sua longevità ma soprattutto la capacità di rinnovarsi e il livello qualitativo dell’organizzazione e della proposta musicale, trascina il pubblico romano in un’esperienza unica nel suo genere. Dal 2012, il Chamber diretto e fondato dal celebre violinista americano Robert McDuffie è ospitato all’interno degli spazi meravigliosi di Palazzo Barberini, e già questo fattore garantisce all’evento una specificità e un’esclusività: ascoltare alcuni pezzi memorabili della storia della musica nel salone del Trionfo della Divina Provvidenza affrescato da Pietro da Cortona ci ricorda ogni anno, a noi romani ma anche ai turisti e agli stranieri sempre numerosi, la grandezza e la bellezza eterne di Roma (al di là di ogni contingente fase di declino e trascuratezza).

Altro elemento fondamentale che rende unico il Rome Chamber Music Festival è la presenza da protagonisti di giovanissimi allievi che arrivano al festival dopo un periodo di studio e preparazione proprio con McDuffie e altri musicisti professionisti; quest’anno, questa presenza si è espressa in maniera anche più forte e non è un caso che il titolo dell’edizione fosse Stelle nascenti. Le 25 stelle del panorama musicale internazionale sono state il fulcro dell’organizzazione dell’evento. Un bel messaggio di scambio interculturale, perché la musica diventa il modo di mettere in contatto mondi e vite lontanissime; il risultato si è manifestato nelle due giornate del 16 e 17 giugno, quando il folto gruppo di giovani musicisti si è prestato all’esecuzione di tre opere straordinarie.

La versione per 13 strumenti della celebre Appalachian Spring Suite di Aaron Copland, padre della musica del novecento americano, ha coinvolto archi e fiati e ha restituito tutta l’energia e la passione che Copland infuse a questa che è considerata la versione moderna delle quattro stagioni vivaldiane: la composizione esprime tutta la complessità della stagione primaverile, dalla dimensione bucolica a quella piovosa, dallo spirito solare a quello più contemplativo, senza però mai perdere la brillantezza e il gaudio complessivi. In diverse occasioni, si tratta di un flusso musicale che i giovani artisti sono stati bravissimi a restituire in un coordinamento non certo facile. La seconda opera è stata Souvenir de Florence, op. 70 di Pyotr Ilych Tchaikovsky, che al di là del titolo contiene numerose ispirazioni della passionalità russa: il sestetto d’archi ha fatto trasudare tanto l’indole romantica quanto l’irruenza del compositore. La chiusura del concerto è stata consegnata a un grande classico, ovvero all’Ottetto  per archi in Mi bemolle maggiore, op. 20 di Felix Mendelssohn, un’opera scritta dall’artista tedesco in giovanissima età poco più che bambino, ma che lui stesso riconosceva in età adulta come una delle cose più belle mai realizzate. Tutto lo spirito romantico del genio già è presente: gli otto archi hanno dimostrato grande personalità nonché un’ottima presenza scenica, alla luce anche della difficoltà di alcuni passaggi. Per concludere, una nuova e fortunata edizione del Festival di musica classica che si candida a diventare il più importante di Roma, dopo essere entrato a pieno titolo tra gli eventi imperdibili dell’estate.

Il Festival si è concluso:
Palazzo Barberini
via delle Quattro Fontane, 13 – Roma
16 e 17 giugno, ore 20.30

Rome Chamber Music Festival 2019
Appalachian Sping Suite di Aaron Copland
Souvenir de Florence di Pyotr Ilych Tchaikovsky
Ottetto  per archi in Mi bemolle maggiore, op. 20 di Felix Mendelssohn