Tracce di femminismo

Parte, per la sua XVII edizione, il Festival dell’Eccellenza al Femminile ideato e diretto da Consuelo Barilari, una «45 giorni di programmazione con più di 30 eventi in calendario e oltre 40 ospiti» che animerà la città di Genova fino al 28 novembre. La rassegna teatrale tutta al femminile dal titolo Next Generation Woman, sulla falsa riga del Next Generation Plan al quale si ispira per tematiche e problematiche, si apre ufficialmente con Traces of Antigone di Christina Ouzounidis e Elli Papakonstantinou, il riallestimento post-lockdown di un «ibrido tra digitale e live».

Se l’epoca dei regimi oppressivi del XX secolo ha portato alla rivisitazione dell’Antigone di Sofocle in chiave anti-totalitarista con le rappresentazioni di Brecht, Espriu, Anouilh e altri/e, l’epoca della società identitariamente oppressiva del XXI secolo (che pur getta le proprie radici nell’alba dei tempi, come ci insegna Simone de Beauvoir nel suo essenziale saggio Il secondo sesso) comincia a generare visioni della giovane “anarchica” vestita di un ulteriore strato anti-patriarcale e intersezionale. Una delle fautrici di questa nuova declinazione della tragedia sofoclea è senza dubbio la drammaturga e regista Christina Ouzounidis che, col suo Traces of Antigone (2015), sfalda la dinamica di potere Stato-cittadino alla base del testo e lo ricompone in chiave femminista, dando vita a una nuova, più consapevole, Antigone.

Anni dopo, l’acclamata regista Elli Papakonstantinou, fondatrice della compagnia internazionale ODC Ensemble, decide di recuperare il testo di Ouzounidis ma, a un passo dall’inizio delle prove, si ritrova a dover affrontare tutta quella serie di limiti alla performatività imposti dall’improvviso avvento della pandemia. Costretto tra le pareti virtuali di una stanza tutta per sé di Zoom, però, il cast al femminile diretto da Papakonstantinou non demorde, dando vita a un «concerto digitale cinematico» dapprima in versione solamente online e poi, dal 2020, fruibile anche dal più classico ambiente teatrale fisico (nonostante un secondo lockdown che ne ha interrotto la circolazione dopo il debutto nazionale al Romaeuropa Festival 2020).

Reintrodotta nel panorama italiano dalla 17° edizione del Festival dell’Eccellenza Femminile, dal titolo Next Generation Women in residenza al Teatro Nazionale di Genova, l’opera cross-mediale di Papakonstantinou si muove in un «genderless meta-space», un meta-spazio al di là delle configurazioni di ogni genere in cui la lingua si fa opportunità e abisso al tempo stesso. Non a caso, tutto ha inizio dal linguaggio o, per meglio dire, dallo sfaldamento della superficie linguistica che da tempi immemori dicotomizza il mondo in termini binari lui/lei, con ovvie propensioni verso i primi, a discapito delle seconde.

«L’uomo è una costruzione, un’invenzione, un disturbo narcisistico. Senza l’abuso di potere, l’uomo non esiste», questi i presupposti della sparizione dalla scena di qualsiasi elemento maschile, sul filo delle teorie di performatività di Judith Butler secondo la quale le identità di genere altro non sono che costrutti sociali e culturali agiti con violenza su un elemento naturalmente non-binario: l’essere umano. Da qui, procedendo per accumulazione, la pièce (anch’essa non-binaria, in quanto commistione di generi espressivi tradizionalmente separati e qui volutamente sovrapposti) si dipana lungo una narrazione non lineare che segue, a strappi, le vicende classiche della tragedia, assunte più come pretesto narrativo che come contesto esistenziale. L’Antigone di Ouzounidis, infatti, si riscopre ragazza che va oltre la trama originale, una ragazza che ha paura ad andare a scuola (uno dei fulcri dell’eteronormatività contemporanea) e che conosce bene i rischi dell’esporre il proprio corpo di donna in un mondo popolato di sguardi maschili predatori. Da notare, qui, come la scelta di negare il costrutto “uomo” non sia mantenuta, specularmente, al momento di descrivere Antigone, la quale deve essere «considerata come ragazza» (e quindi soggetta al costrutto “donna”) per poterne capire a pieno la sofferenza, spia di una società non ancora abbastanza matura per potersi definitivamente scrollare di dosso la definizione di genere quando si parla di identità e, al tempo stesso, segnale d’allarme di una violenza perenne di cui è necessario evidenziare le dinamiche, troppo spesso ignorante.

Con l’avvento dell’isolamento forzato, però, avviene la rottura. Lo spazio privato diventa pubblico, ma mantiene una cinta muraria minima che permette l’esposizione senza rischi, la riappropriazione dei propri spazi senza l’immediato assedio fisico di una violenza corporea. «Nel nostro confinamento domestico abbiamo esplorato la vastità dell’agorà pubblica. Incorniciate in scatole digitali rimaniamo trasparenti affinché il mondo intero possa sbirciarci ma ancora al sicuro, nel rifugio del nostro più intimo spazio privato», dichiara Papakonstantinou. Ed ecco che sul palcoscenico del Teatro Duse di Genova (e, in contemporanea, online, per gli spettatori/le spettatrici che seguono la mise en abyme tramite le webcam che pullulano sulla scena) i corpi di donna si mostrano e si dimostrano nella loro nudità, nella loro naturalità, nella loro umanità. Durante tutto lo spettacolo, infatti, la Natura continua a fare capolino tra i pertugi dei corpi e degli spazi abitati da queste donne, irrompendo come un fiore che si schiude tra i denti o come una pianta rampicante che cresce tra la pelle e la camicia, denunciando con poesia la violenza agita sull’identità “biologica” degli individui.

Tra schegge di momenti domestici ed esplosivi spasmi di vitalità, Traces of Antigone procede nella sua decostruzione dell’androcentrismo, permettendo alla Resistente, figlia di un rapporto incestuoso e già a tavolino sovversiva, di andare oltre la propria morte annunciata per mano di uno stupro, una violenza domestica, un femminicidio, qui intelligentemente paragonati ai sacrifici che l’Uomo doveva concedere agli Dei per invocarne la pietà e, soprattutto, per legittimare il proprio potere sugli altri/le altre (come già aveva fatto notare Rita Laura Segato nel suo libro La escritura en el cuerpo de las mujeres asesinadas en Ciudad Juárez, dove si parla, appunto, di stupri e femminicidi “rituali” messi in atto dagli uomini e per gli uomini in un contesto di sovranità dei territori e dei corpi).

Al netto di una rappresentazione a tratti fin troppo caotica, in cui la sincronicità delle molteplici azioni spaesa e confonde (complice una disposizione scenica che inficia la fruizione di sottotitoli essenziali in una pièce a più voci e più lingue, scadendo in una frenesia comunicativa che non va a segno per deprecabili limiti tecnici), Traces of Antigone, pregevole per il suo tentativo di sensibilizzare il pubblico -seppur in modo spasmodico- ai fondamenti del femminismo intersezionale contemporaneo, diventa schiavo della tecnologia. L’energia delle interpreti sulla scena, infatti, sembra più asservita al medio digitale che non a quello fisico, lasciando non pochi dubbi sulla riuscita o meno trasposizione della prima versione virtuale nel mondo di carne, ossa e sangue, dove l’attenzione e l’emozione viaggiano su ritmi diversi da quelli del via etere.

E ancora, in questo «meta-spazio al di là delle configurazioni di ogni genere» (in cui, come si è visto, il genere c’è eccome), la scelta di polarizzare il discorso su un singolo costrutto identitario sembra non vedere nella mancanza di tensione tra due estremi il rischio di unilateralità rappresentativa della realtà, che assume così connotati dottrinari. In Sofocle, Creonte, da buon politico, diventa intollerante, rifiuta il confronto, si trasforma in tiranno, mentre Antigone, nella sua ribellione civica e religiosa, rifiuta di scendere a patti con la sorella, il fidanzato, lo zio, imboccando così la strada per la morte. Dialogare, confrontarsi: quello che Antigone e Creonte non sono stati capaci di fare, quello che il testo di Ouzounidis e la rappresentazione di Papakonstantinou non sembrano voler tentare. Se vogliamo guardare al presente attraverso gli occhi della tragedia, forse dovremmo anche essere disposti a prestare orecchio alle domande che il passato ci pone per poter fornire risposte pratiche e inclusive al mondo del domani.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno di Festival dell’Eccellenza al Femminile – XVII edizione
Teatro Duse
via Nicolò Bacigalupo 6 – Genova
dal 15 al 16 ottobre
venerdì ore 20:30
sabato ore 19:30

ODC Ensemble presenta
Traces of Antigone
di Christina Ouzounidis

uno spettacolo ibrido digitale e fisico, creato online nel periodo del lockdown
regia di Elli Papakonstantinou
concept & art direction Elli Papakonstantinou
cast Serafita Grigoriadou, Gemma Hansson Carbone, Valia Papachristou, Katerina Papachristou (voce, tastiere e basso), Sophia Manoli, Violeta Sarafianou, Myrto Lambrou, Chariklia Petraki
traduzione in greco Margarita Mellberg
traduzione in inglese Elli Papakonstantinou, Gemma Hansson Carbone, Eirini Dermitzaki
musiche Nalyssa Green & Katerina Papachristou
scenografia Myrto Lambrou
visual art advisor Mary Zygouri
direzione dei movimenti Valia Papachristou
assistente tecnico Chariklia Petraki, Korina Kotsiri
trailer Dimitra Mitsaki, Eirini Dermitzaki
assistente alla regia Ero Lefa
fotografia FLP Athens, Sophia Manoli

prodotto da ODC Ensemble / Elli Papakonstantinou
supportato dal Ministero della Cultura Greco, dal Consiglio Svedese per le Arti (Kulturrådet), dall’Ambasciata di Svezia ad Atene