Regressioni verdiane

Recensione Ernani. Fuori la festa del conformismo – da Vasco al Circo Massimo al Pride itinerante – colora le piazze e le strade della Capitale, dentro una rappresentazione di mesto livello chiude la stagione indoor del Teatro dell’Opera di Roma.

All’interno del corpus vediano Ernani non gode della massima considerazione ed è un’opera che di rado viene messa in scena. A torto considerata minore, è comunque indubbio che a questa creazione manchino lo spessore romantico, la maturità emotiva e la struttura armonica di cui il cigno di Busseto fu inarrivabile maestro. Di essa, però, esiste la memorabile e complessa prova di Riccardo Muti del 2013 e da essa Marco Armiliato e Hugo de Ana attingono a piene mani, utilizzando – con piccole alternazioni – gli stessi splendidi costumi e le stesse controverse scenografie.

Riguardo alla direzione, le scelte di Armiliato, al debutto sul palcoscenico romano, sono didascaliche e mostrano poco coraggio nel presentare un’interpretazione verdiana non solo stucchevolmente sentimentale, ma anche caratterizzata da ritmi e intensità costantemente sopra le righe. Pur corrispondendo alla vulgata che fa di Verdi l’interprete del Romanticismo per antonomasia, Armiliato realizza tale identificazione attraverso una monotona amplificazione dell’atmosfera drammatica e trascurando le variazioni e gli “strappi” che proprio in quest’opera giovanile stavano iniziando a restituire l’originalità poetica di uno dei massimi compositori di ogni epoca.

Dopo aver già diretto e curato le scene e i costumi con Muti, l’argentino de Ana replica quasi in toto le soluzioni del 2013, ma la monumentale scenografia di edifici regali, pur richiamando il tempo di ambientazione, rimane sempre la stessa e i pochi cambiamenti (il sepolcro di Carlo Magno nel III atto, la gelosia araba e i fiori nel finale) non bastano a salvare dall’impressione di un’incoerente staticità spazio-temporale. Un’analoga ingessatura connota poi i movimenti del coro e queli dei protagonisti, le cui dinamiche, non riuscendo a provocare la percezione di tableaux vivants, rimandano a un’inopportuna sensazione di museale costrizione attoriale.

Impantanati sui tratti più stereotipati del carattere verdiano, Armiliato e de Ana potrebbero comunque “usare” Ernani come occasione di virtuosismo orchestrale e, soprattutto, dei quattro solisti. Da questo punto di vista se è precisa, ça va sans dire, l’esecuzione strumentale, l’eccellenza del comparto canoro, dalla formidabile vocalità di Angela Meade all’ottimo fraseggio di Evgeny Stavinsky e al vigoroso colore di Ludovic Tézier, è risultata purtroppo compromessa non tanto dalla plateale stecca di Francesco Meli nella prima aria (O tu, che l’alma adora), quanto dalle diffuse incertezze di quello che pure è uno degli interpreti più apprezzati del repertorio verdiano.

Deficitaria nell’ottica della personalità e della credibilità estetica, la rappresentazione sembra dunque “rispondere” con gravi incertezze alla domanda di eccellenza che sarebbe stata necessaria per far comprendere una storia che – a dirla tutta – non ha molto senso al di là del valore di testimonianza della faida tra classicisti e romantici che stava animando gli anni in cui venne scritta da Victor Hugo.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro dell’Opera/Teatro Costanzi
Piazza Beniamino Gigli, Roma

Ernani
Musica Giuseppe Verdi
Dramma lirico in quattro parti
Libretto di Francesco Maria Piave dal dramma di Victor Hugo
direttore Marco Armiliato
regia, scene e costumi Hugo de Ana
maestri del coro Roberto Gabbani
luci Vinicio Cheli
riprese da Valerio Alfieri
movimenti mimici Michele Cosentino
Ernani Francesco Meli
Don Carlo Ludovic Tézier
Don Ruy Gomez De Silva Evgeny Stavinsky
Elvira Angela Meade
Giovanna Marianna Mappa*
Don Riccardo Rodrigo Ortiz*
Jago Alessandro Della Morte*
dal Progetto Fabbrica Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Allestimento Teatro dell’Opera di Roma
in coproduzione con Sydney Opera House
con sovratitoli in italiano e inglese
durata 3 ore e 15′ circa
I parte 50′ – I intervallo 30′ – II parte 35′ – II intervallo 30′ – III e IV parte 50′