Shaham rilegge Bach

La Sala Verdi del Conservatorio di Milano ospita il violinista americano per un recital in cui Bach è protagonista.

Prendere parte a un concerto di Gil Shaham in cui propone quasi esclusivamente le opere per violino di Bach è sempre un ottimo motivo per andare ad ascoltarlo: artista ancora giovane, appartenente alla generazione che ha “svecchiato” alcune opere per proporne nuove interpretazioni (che poi a loro volta hanno “fatto scuola”), Shaham ha sempre avuto la peculiarità di rendere interessanti e convincenti le sue letture.
Questa volta, però, alcune scelte sono non solo del tutto discutibili, ma anche difficili da comprendere: l’attacco del Preludio di apertura della Partita n. 3 in mi maggiore BWV 1006 di Bach – così come esattamente tutti i tempi veloci delle altre composizioni dello stesso autore – è preso a una velocità pazzesca che lascia disarmati. Difficile seguirne il corso musicale, reso ancor più difficile da un’intonazione che a volte lascia a desiderare e dà alcuni problemi di arco persistenti per l’intera durata del concerto.
A lasciare disorientati è, nei tempi più lenti, il ritorno a quella impressionante aderenza tra musica, musicista e strumento che tutti riconoscono a questo talentuoso artista che, nonostante l’accoglienza calorosissima, probabilmente non era in serata.
Nella Sonata n. 2 in la minore BWV 1003 sembra effettivamente sentirsi più a suo agio e la Fuga è assolutamente ben condotta, un’interpretazione magistrale senza la minima sbavatura.
Particolarmente interessante è stata l’esecuzione di parte della Suite n. 2 di Bolcom, autore contemporaneo che permette a Shaham di mostrare a pieno le sue qualità: l’inserzione di un brano tanto differente dal resto del programma monografico è una ventata di ossigeno, di cui anche il solista sembra avere bisogno.
Chiude il concerto la Partita n. 2 in re minore BWV 1004 di Bach in cui emerge un’attenzione diversa, come se a questa il solista avesse dedicato qualche cura in più; ma poi la singolare cifra stilistica che ha fatto da filo conduttore di tutta la serata riemerge, proprio nell’attesissima Chaconne, eseguita a una velocità impressionante. Vero pezzo di bravura, questa Ciaccona – croce e delizia dei violinisti – è interessantissima per la sua scrittura e per la tessitura delle diverse voci che la compongono. Purtroppo gran parte della sua magia si è persa in un tempo troppo scorrevole che ne ha penalizzato sicuramente l’ascolto e la percezione dei particolari. Si potrebbe disquisire per giorni interi sul fatto che questi brani non siano altro che concatenazioni di danze lente e meno lente e che l’idea del “ballabile” debba comunque essere sempre presente all’interno di un’esecuzione, ma in questo caso siamo oltre. Nonostante tutto Shaham è stato accolto da numerosissimi applausi e rimaniamo curiosi di riascoltarlo, nella speranza di capire se quelle di questa serata siano state scelte ben ponderate o situazioni a metà tra l’incidente di percorso e la provocazione.

Lo spettacolo è andato in scena:
Sala Verdi – Conservatorio “G. Verdi”
via Conservatorio, 12 – Milano
domenica 25 gennaio– ore 21.00

J. S. Bach Partita n. 3 in mi maggiore BWV 1006
Sonata n. 2 in la minore BWV 1003
W. E. Bolcom Suite n. 2 – a Part of the Suite
J. S. Bach Partita n. 2 in re minore BWV 1004