Il dramma nel sogno

Recensione Madama Butterfly. La Madama Butterfly del Festival di Torre del Lago apre il più importante ciclo di eventi dedicati a Giacomo Puccini e diventa l’ennesima occasione per celebrare la statura di un genio assoluto della musica colta mondiale. Manu Lalli cura regia, scene e costumi di un allestimento dedicato alle questioni dell’ecologia e del patriarcato, dando forma a un’operazione non particolarmente innovativa, ma convincente dal punto di vista culturale e rispetto alla quale la contestazione – avvenuta tra primo e secondo atto nel giorno della prima – di giovani attivisti ambientali è risultata “perfettamente” in linea.

Il capolavoro pucciniano, che, solo pochi mesi dopo l’inaspettata e cocente delusione alla prima scaligera del 1904, ottenne la giusta e trionfale accoglienza, è ormai un must che delizia i cartelloni lirici di tutto il globo. Madama Butterfly è infatti la “materializzazione” eclatante del “dramma che accompagna il sogno” della protagonista, Cio-Cio-San/Madama Butterfly (Francesca Tiburzi), quindicenne geisha giapponese caduta finanziariamente in disgrazia e sposa di un tenente della marina statunitense, F.B.Pinkerton (Vincenzo Costanzo), che ha appena acquistato nel Paese del Sol Levante una (celebre) casa a soffietto. Il matrimonio si svelerà essere un inganno per la giovanissima donna che pure aveva rifiutato la propria identità culturale e si era messa contro anche l’appartenenza familiare. A starle accanto, in questo cadere dalla gioia più incontenibile alla tragedia finale rimarrà solamente la fedele Suzuki (Laura Verrecchia).

La scenografia è suggestiva nella sua semplicità ed è una riuscita sintesi di intimità (degli ambienti in cui si svolge la vicenda) e grandiosità (degli avvenimenti rappresentati). Quelle che immaginava Puccini erano piccole esistenze e Manu Lalli “recupera” l’intuizione zeffirelliana di un enorme numero di comparse che, però, in questa versione non ha solo una valenza “citazionista”. Era un intero mondo a essere rappresentato da Puccini, un piccolo universo, un microcosmo di vite, spesso comuni, di cui gli splendidi costumi della stessa regista restituiscono le radici esotiche (l’uso del bianco a lutto, per esempio), mentre l’appassire delle scene rimanda all’universalità temporale, con la vegetazione che, da florida e adornata con ceppi rossi (colore che in Giappone è quello del Sole, dunque il migliore tra gli auspici di fortuna e felicità), va via via inaridendosi, diventando infine secca. Lo stesso passaggio di colore dei costumi, dal rosso al bianco, dunque la medesima “perdita” e una simile caduta nel baratro caratterizza non solo le cantanti “giapponesi”, ma anche il momento dell'”incontro” tra Kate Pinkerton e Butterfly, una tra le più celebri scene tagliate dal maestro lucchese che Lalli recupera per così ribadire in un sottile parallelismo che la condizione di Butterfly è quella di tutte le donne.

La fragilità dell’esistenza viene trasfigurata nel corpo e nell’anima conquistati quasi per capriccio e poi spezzati di questa moglie-bambina, che  testardamente si aggrappa a un sogno che scoprirà essere irrealizzabile solo di fronte all’evidenza e a una realtà che la porterà a rinunciare alla vita stessa piuttosto che al suo amore impossibile. Su questo rilievo “privato”, Lalli ne innesta un secondo, quello più strutturale dello scontro che tuttavia la regista “duplica” immaginandolo non tra civiltà, ma “ecologico” e di genere.

Le tematiche dell’amore, della divergenza culturale, del progresso degli States e del tradizionalismo orientale, il “capriccio” di Pinkerton, il fascino adolescenziale di Butterfly diventano “macerie” lasciate dall’uomo occidentale predatore, industrializzato e carnefice di sé e dell’altra. Cho-Cho-San è una ragazzina sedotta e abbandonata che canta «con onor muore chi non può serbar la vita con onore» e che non può realmente contrastare il sistema di valori in cui è immersa: ci ha provato ma è stata ripudiata da tutto e da tutti e lo ha fatto inutilmente. Dal canto suo, Pinkerton è il vero deus ex machina, individuo superficiale che vive i rapporti in maniera consumistica («Così mi sposo all’uso giapponese per novecento novantanove anni. Salvo a prosciogliermi ogni mese. America for ever!»). Se pure Cho-Cho-San e Pinkerton si son desirati e, inizialmente, amati, non sono fatti l’uno per l’altro ma non perché Oriente e Occidente siano in una relazione dialettica non ancora risolta. Quella che era l’intuizione originaria di Puccini, a suo modo radiale ed epocale, in questa Madama Butterfly diventa un conflitto tra generi e antropocenico, dell’uomo contro la donna e dell’uomo contro la natura. Se il compositore lucchese aveva colto il rischio esistenziale di vivere il presente con la zavorra del passato e senza apertura al futuro, rispetto alla profondità di questa prospettiva, la scelta di Manu Lalli è più semplice, di immediata fruizione e perfettamente contestualizzata nelle dinamiche del contemporaneo nelle scenografie («un bellissimo bosco di alberi veri in scena», note di regia) e nei tradizionali costumi.

La direzione dell’orchestra, affidata ad Alberto Veronesi, ha saputo fluire con naturalezza tra le varie atmosfere sonore – romantica e sentimentale, sognante e tragica – di uno spirito profondamente pucciniano, in questo ben spalleggiata dal coro del maestro Roberto Ardigò.

Francesca Tiburzi è una Cio-Cio-San efficace già nel maestoso ingresso («Ancora un passo or via») e che conquista fin dal primo attacco per energia, personalità e vocalità, ma anche per come declina la propria performance con sensibilità, sofferenza e “inutile” speranza. Vincenzo Costanzo prende le parti di F.B. Pinkerton in maniera ineccepibile, sia nel primo atto di corteggiamento, sostenuto dal fascino di una voce profonda e potente, sia nella progressiva maturazione del personaggio. Laura Verrecchia è una Suzuki la cui impostazione fa da riuscito contraltare alla “ispirata” voce della padrona, ma tutti i personaggi sono ben impostati e diretti, nonostante i primissimi minuti iniziali di non perfetta convergenza nei duetti con l’ambientazione all’aperto che ha costituito una difficoltà prevedibile ma la cui “resistenza” è stata rapidamente risolta dopo qualche minuto di “rodaggio”.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno del Festival Pucciniano:
Gran Teatro Giacomo Puccini
Torre del Lago Puccini (Lucca)
15 luglio 2022, ore 21:15

Madama Butterfly
Tragedia giapponese in due atti di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
Musica di Giacomo Puccini
Orchestra e Coro del Festival Puccini
Direttore Alberto Veronesi
Maestro del coro Roberto Ardigò
Regia, scene e costumi Manu Lalli
Disegno luci Gianni Mirenda
Sound designer Luca Bimbi
Assistente alla regia Lorenzo Mucci

Cio-Cio-San Francesca Tiburzi
Suzuki Laura Verrecchia
F.B. Pinkerton Vincenzo Costanzo
Sharpless Alessandro Luongo
Goro Francesco Napoleoni
Il Principe Yamadori Yinshan Fan
Lo Zio Bonzo Adriano Gramigni
Il Commissario Imperiale Zhihao Ying
L’ufficiale del Registro Ivan Caminiti
Kate Pinkerton Rosa Vingiani
La Madre Valentina Pernozzoli
La Zia Lan Yao
Yakuside Dario Zavatta
La Cugina Licia Piermatteo