L’arte che resiste

Recensione La traviata. Dopo Aida nella Valle dei Templi, Giuseppe Verdi torna a essere protagonista in uno scenario di indubbio fascino: al Teatro Costa Bianca di Realmonte, non distante dalle incantevoli spiagge de La Scala dei Turchi e di Giallonardo, è andata in scena La traviata.

Opera in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave e su ispirazione dal dramma La dame aux camelias di Alexandre Dumas figlio, La traviata di Giuseppe Verdi debuttò nel 1853 ed è oggi la “lirica” più rappresentata al mondo. La sua celebrità è tale che alcune arie e alcuni motivi non solo sono indimenticabili, ma fanno addirittura parte della coscienza culturale della nostra nazione e di quella spirituale di ognuno di noi e, dunque, può sorprendere il fatto che, di fronte a cotanta importanza, il meritato successo le arrise con qualche anno ritardo. Le motivazioni della lentezza con cui venne compresa e apprezzata per il suo valore, ovviamente, non mancano, soprattutto se si pensa alle tematiche e ai personaggi rappresentati, troppo audaci e scabrosi per la società perbenista e ipocrita del tempo. La pietra dello scandalo risiedeva in particolare nella giovane protagonista, una donna stigmatizzata da una morale bigotta e classista e pur tuttavia tenace nel riscattarsi attraverso la bontà d’animo, la purezza dell’amore e la totale dedizione a un sogno che il mondo in cui era immersa non poteva che osteggiare. Dopo Rigoletto e Il Trovatore, ne La traviata Verdi portò quindi all’apoteosi la sua cosiddetta “trilogia popolare” incarnando lo struggimento romantico dell’opera in una dilaniante “necessità” in grado di travolgere tanto i sentimenti dei protagonisti, quanto la volontà dei personaggi corresponsabili (come il padre di Alfredo).

L’impressione della messa in scena diretta da Vittorio Terranova (che ha curato anche scenografia e costumi) è stata ben più che positiva, al punto che al coro e ai pur pochi elementi dell’ensemble orchestrale, rispettivamente diretti da Jiang Wei e Davide Dellisanti, può essere riconosciuto il fondamentale merito di aver saputo esprimere la forza e la bellezza della Traviata nella sconcertante musicalità di un Verdi allora in stato di grazia. Infatti, pur pagando l’ingiustificabile dazio dell’assenza dei sottotitoli, una certa disomogeneità di livello tra i due protagonisti (macchinoso Alfredo, più brillante Violetta) e l’insignificanza drammaturgica di proiezioni troppo monotone per essere suggestive, la Traviata dell’I.M.C. International Opera Festival Realmonte ha comunque saputo superare di slancio ogni sfumatura di grigio in virtù di scelte che, senza azzardare voli pindarici, hanno saggiamente deciso di puntare sul combinato disposto di musica, canto e interpretazione di medio/alto livello.

La scenografia è semplice, ma i pochi elementi sono rappresentativi di un’ambientazione che, anche grazie alla sobria vestizione dei cantanti, è del tutto verosimile, mentre a rendere il contesto essenziale, elegante ed espressivo al tempo stesso è il parallelismo tra il cambio di alcuni particolari allegorici (i colori dei divani), le variazioni umorali dei protagonisti e l’andamento dalla gioia al tormento dell’atmosfera generale. Peccato, nel complesso, che l’interessante versatilità del Teatro Costa Bianca non goda di una manutenzione “adamantina” e che soffra la rumorosità delle adiacenti giostre.

Il primo atto è un crescendo di vivacità musicale culminante nel noto Brindisi e che vede le “masse” muoversi e cantare con vitalità e allegria facendosi credibili interpreti dello spirito della scena. Il secondo atto riporta un certo equilibrio musicale e drammatico, oscillando tra esaltazione e tragedia, e vede la climax nell’attenta e precisa interpretazione di quella che è forse la più celebre aria de La traviata, vale a dire Amami Alfredo che Eriko Sumiyoshi intona restituendo la condizione di una Violetta piegata alla ragionevolezza della richiesta del padre di Alfredo e dall’amore inenarrabile per quest’ultimo. L’atto finale è un lento scivolare verso la morte che si fa sempre più grave e solenne nello stroncare ogni speranza e nel ribadire che l’esistenza terrena è finita e che lo scacco travolge ogni cosa, anche l’amore. Verdi ammonisce che nulla resta, anche i sentimenti più nobili e autentici trapassano, perché, come il Romanticismo insegna, la natura è matrigna dal momento che illude con la promessa di una felicità chiaramente impossibile. La disperata storia di Violetta e delle sue superficiali amicizie, i rapporti di plastica che la attorniano e il cuore che le esplode dentro sono epifenomeni di un contesto spazio-temporale che dovrà fare i conti con sé stesso per potersi rendere conto – così come il padre di Alfredo – della propria disumanità.

Con il periodo di clausura culturale – in Italia particolarmente asfissiante – che sembra essere definitivamente alle spalle, la decisione del Teatro Costa Bianca di tornare a mettere in scena i capolavori della nostra lirica appare coraggiosa, necessaria e affatto semplice in un contesto come quello dell’agrigentino che vive di rendita per la presenza della Valle dei Templi e che concentra la propria proposta artistica di qualità nella stagione estiva. La scelta de La traviata risulta simbolicamente illuminante, in quanto opera che tenta di rendere popolare un linguaggio ancora oggi spesso di esclusivo appannaggio di élite e intellighenzie varie. Rispetto al battage che ha spinto l’Aida alla Valle dei Templi o, ancora di più, agli inavvicinabili investimenti degli Stabili e delle Fondazioni, questa Traviata si presenta con l’umiltà di un allestimento spartano, ma non elementare, qualitativamente sostenuto, ma privo di manierismo e, soprattutto, scevro di retorica. Con l’avvicinarsi del letargo culturale della Sicilia Occidentale (eccezion fatta per la florida Palermo), la speranza è che questo convincente progetto non resti un caso isolato.

Ai posteri l’ardua sentenza.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Costa Bianca
Via Andromeda 5, Realmonte (AG)

La Traviata
di Giuseppe Verdi
libretto Francesco Maria Piave
ensemble orchestrale IMC Music Festival
coro lirico Accademia d’Arte Lirica Vittorio Terranova
direttore e concertatore Davide Dellisanti
maestro del coro e pianista Jiang Wei
regia, scenografia, costumi Vittorio Terranova
scenografia Lumia Art Visual Project
cast Eriko Sumiyoshi, Lucia Mastromarino, Eiko Tsukui, Jiroai Kaido, Franco Cerri, Yudal Ueda, Omar Cepparolli, Alex Suciu, Haolin Xu, Tian Yi Lin